I licenziamenti senza giusta causa infastidirebbero anche l’uomo più paziente sulla terra. Ma al di là delle ragioni che vorremmo far valere (dato che ognuno di noi può avere il suo punto di vista) in queste situazioni non possiamo che attenerci a quanto ci dice la Legge.
Recentemente la Corte Costituzionale si è espressa su due nuovi pareri che coinvolgono il Jobs Act (decreto legislativo numero 23/2015) dove ha messo in chiaro delle “novità” sul tema licenziamenti per giustificato motivo oggettivo. Le sentenze che sono state terminate sono la numero 128 e la numero 129 del 2024.
Licenziamenti per giustificato motivo oggettivo: i due casi
La prima sentenza da parte della Corte Costituzionale coinvolge i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo a causa di alcuni comportamenti disciplinari. Oggi è stata varata una regola del Jobs Act che prima d’ora era pensata “assurda”.
Nello specifico parliamo del caso in cui un lavoratore viene licenziato per un motivo giustificato “oggettivo” ma all’atto pratico mancano le prove e dunque viene dichiarata “l’insussistenza del fatto”.
Prima della sentenza di cui stiamo per parlarvi il lavoratore non avrebbe avuto diritto ad alcuna reintegra sul posto di lavoro, mentre adesso è possibile richiederla con buona possibilità di riuscita.
Licenziamento privo di repêchage
L’ultima sentenza prende in esame sempre il licenziamento per giustificato motivo oggettivo illegittimo ma nello specifico la violazione questa volta riguarda il mancato tentativo di ricollocare l’ex dipendente (come previsto dall’obbligo di repêchage).
Anche se questo atto viene definito illecito (ovvero che il lavoratore non ha rispettato l’obbligo di repêchage) purtroppo il lavoratore non può essere reintegrato o ricollocato sul posto di lavoro ma gli spetta una indennità economica come rimborso del danno subito (fino a massimo 36 mensilità).