Licenziare chi non si vaccinerà: minaccia, boutade o realtà? Da quando sono nati e si sono diffusi i vaccini il dibattito sull’obbligatorietà è proseguito di pari passo ma alla vigilia della più grande campagna di vaccinazione di massa che avverrà nel 2021 la discussione-scontro tra “no vax” e “sì vax” si arricchisce di una larga fetta di cittadini interessati ad uscire al più presto dalla pandemia ma anche timorosi nell’affacciarsi ai vaccini in arrivo preparati in tempi record. E così nascono idee tra le più svariate e bizzarre per provare a convincere le persone – in Italia, lo ricordiamo, il vaccino anti-Covid è gratuito e non obbligatorio – che la vaccinazione è del tutto sicura e senza pericoli: il commissario Arcuri ancora ieri ha ribadito che partirà una «imponente campagna invasiva di comunicazione», ma nell’intervista odierna al Fatto Quotidiano è il magistrato Raffaele Guariniello a lanciare la “proposta” choc per i prossimi mesi di vaccinazione di massa.
«Tutelare la salute significa vaccinare il maggior numero possibile di persone», spiega il giurista ormai in pensione ma responsabile di numerose inchieste celebri nel passato (tangenti Sanità, scandalo Fiat, doping nel calcio, Mucca Pazza, metodo Di Bella e Thyssenkrupp, solo per citarne alcuni). Secondo Guariniello dunque la possibilità del licenziamento qualora il lavoratore si rifiuti di vaccinarsi non è una «indicazione morale», ma bensì proprio quello che «prevede la legge»: «il principio per cui nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario se non per disposizione di legge è previsto dalla Costituzione – spiega ancora l’ex Procuratore Capo di Torino -. L’art. 279 del Testo Unico della Sicurezza sul Lavoro impone al datore di lavoro di mettere a disposizione ‘vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all’agente biologico, da somministrare a cura del medico competente’».
LA “MINACCIA” AI NO-VAX
Il caso del Covid-19 dunque rientrerebbe in pieno nelle disposizioni per legge richiamate dal magistrato Guariniello e perciò ipotizzare una “minaccia” di licenziamento per chi non dovesse vaccinarsi al Sars-CoV-2 non è materiale di distopia ma possibile futura realtà. «Se è vero che la legge dice ‘mettere a disposizione’ – ricorda Guariniello – e dunque non obbliga nessuno a vaccinarsi, è anche vero che la stessa norma impone al datore di lavoro ‘l’allontanamento temporaneo del lavoratore’ in caso di inidoneità alla mansione ‘su indicazione del medico competente’. E come può il medico non esprimere un giudizio di inidoneità se il datore di lavoro, proprio su parere del medico competente, ha messo a disposizione il vaccino, poi rifiutato dal lavoratore?». Il tema della sorveglianza sanitaria è centrale per Guariniello, tanto da rimandare a dettami specifici nei meandri delle leggi italiane in vigore: non serve infatti solo a tutelare il singolo lavoratore ma anche tutti gli altri. Proprio su questo “paradosso” la Corte Costituzionale ha più volte normato e sancito, «la tutela della salute è un diritto dell’individuo e un interesse della collettività. La legge prevede l’obbligo di allontanare il lavoratore e di adibirlo ad altra mansione, ma solo ‘ove possibile’. La Cassazione ritiene che tale obbligo di ‘repechage’ (ripescaggio) non può ritenersi violato quando la ricollocazione del lavoratore in azienda non è compatibile con l’assetto organizzativo stabilito dall’azienda stessa».
Insomma, conclude Guariniello il datore di lavoro è già oggi obbligato a predisporre misure atte a tutelare tutti i lavoratori «ma se questo non è possibile si rischia la rescissione del rapporto di lavoro». Con l’ultimo Milleproroghe lo stato d’emergenza è stato prorogato fino al 31 marzo 2020, data in cui scadrà anche il divieto di licenziamenti ancora imposto per effetto della pandemia Covid-19: è per dopo quella data, quando tra l’altro si entrerà anche nel vivo della vaccinazione di massa, che potrebbe scorgersi l’ipotesi formulata da Guariniello «la normativa è chiara nel prevedere la messa a disposizione del vaccino, l’allontanamento e la destinazione ad altra mansione ‘ove possibile’ del lavoratore che si rifiuti inidoneo».