Ci sarà un motivo per cui quando si vuole imporre un nuovo pensiero si finisce sempre per cambiare la grammatica. La propaganda, infatti, comincia dalle parole e dall’imposizione di una lingua funzionali ai nuovi valori. Inoltre questa imposizione è giustificata con il perseguimento del bene comune, e oggi viene declinata con la parola “diritti”, contrapposta a quella di “discriminazione”. A scuola va di moda anche la parola “inclusione”. Tra un po’ andrà di moda qualcos’altro. L’osservazione va bene per le dittature che ci vengono subito in mente, che so, ad esempio il fascismo, o il comunismo. Ma va bene anche oggi: quando si tirano in ballo lo stravolgimento delle parole e il bene dell’umanità, c’è puzza di imposizione di un pensiero.
Succede qualcosa di simile leggendo sulle cronache che un liceo di Torino, il Cavour, ha deciso di adottare l’asterisco al posto della desinenza maschile o femminile delle parole che designano gli studenti, cosicché se questo articolo fosse una circolare interna del Cavour avrei dovuto scrivere student* (non ho assolutamente idea di come diavolo avrei dovuto scrivere l’articolo “gli”: forse così: ***). E così alliev*, iscritt*, ragazz* e via asteriscando. Naturalmente il dirigente scolastico ha motivato la decisione col bene comune, affermando tra l’altro: “La nostra Costituzione vieta le discriminazioni, incluse quelle sul sesso. Non abbiamo fatto niente di rivoluzionario, se non dare attuazione al trattato costituzionale nelle nostre normative interne”. E quando si tira in ballo la Costituzione, si sa, non c’è più spazio per discutere.
Ora, dal punto di vista linguistico e culturale l’uso dell’asterisco o dello schwa (la “e” rovesciata, che nell’ebraico medievale significava probabilmente “niente” oppure “pari”) è una sciocchezza colossale. Oltre ad essere illeggibile, nullifica la lingua e non risolve neppure il problema. Inoltre mi permetto di dire che tacciare di razzismo sessista chi, parlando un italiano corrente, normale, quotidiano, usa il maschile e il femminile come da secoli si fa, sembra a sua volta un atto di razzismo, grammaticale se non altro.
Il fatto è che in decisioni come quella del liceo non c’è affatto neutralità e rispetto. Si tratta invece di una scelta squisitamente politica e ideologica. La moda dell’asterisco e dell’indefinitezza di genere (chiamata elegantemente fluidità, ma di un’ideologia in realtà rigida e indiscutibile, altro che fluida) ha origine anglosassone, specificatamente americana, in ambienti movimentisti e universitari che tentano appunto di imporre un’idea di sessualità nel nome di un’assoluta e ancora una volta indiscutibile scelta individuale. Sono gli stessi ambienti in cui propongono di non chiamare più la Storia “History”, bensì “Hertory”, perché “his” vuol dire “di lui” e sarebbe sessista se usato al posto di “her”, che significa “di lei”. E altre ridicole amenità del genere. I radical americani sono specialisti, oltre che nel tradimento dei popoli a cui hanno portato la guerra, anche nella caccia alle streghe: adesso c’è quella contro i generi grammaticali. Che una scuola superiore italiana vada loro dietro, ufficialmente tra l’altro, dà da pensare non poco.
Ciliegina sulla torta, il dirigente a giustificazione tira in ballo i ragazzi: “Ne abbiamo parlato in Consiglio d’istituto e gli studenti e le studentesse si sono detti assolutamente d’accordo” con successiva sviolinata: “Le generazioni che frequentano adesso le superiori sono molto più avanti, sono sensibili al tema e hanno risposto in modo estremamente positivo”. Ma qualsiasi educatore sa che non si tirano in ballo i minori per dar forza alle proprie posizioni, come fanno certi genitori che durante i loro litigi chiedono ai figli di stare da una parte o dall’altra. Inoltre le generazioni che vanno a scuola oggi sono talmente avanti da uscire dalla maturità senza che il cinquanta per cento abbia raggiunto i livelli minimi di competenza linguistica e scientifica (statistiche attuali); gli ultimi maturati di liceo hanno una cultura da studenti di terza media, e questi da quinta elementare; la maggioranza ha solo una vaga idea, non dico della grammatica, ma anche dell’ortografia e della lingua, e non sa leggere altro che testi composti da frasi elementari.
Insomma, non fonderei su una categoria del genere la giustificazione di un rinnovamento della lingua e della grammatica. Se vuoi fare una rivoluzione, sappi almeno contro cosa ti vuoi ribellare, anziché esserne ignorante. Questo genere di decisioni non ha senso, come non ha senso tacciare di sessismo la lingua perché, da secoli, contempla maschile e femminile (e molte lingue anche neutro, duale ed altro). L’ignoranza della grammatica non è colpa dei ragazzi ma di chi continua a non capire quali sono le vere questioni e criticità di un sistema che sta mostrandosi sempre più ridicolo.
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