Ligabue ha rilasciato una lunga intervista al “Corriere della Sera”, nella quale ha raccontato aneddoti di vita fin qui non emersi nella loro totalità e di cui non tutti avevano piena conoscenza. A cominciare dal fatto che, quando era un bambino di appena un anno e mezzo, rischiò di morire di peritonite: “Se ne accorse un medico, che era per caso nella farmacia dove mia mamma mi aveva portato – ha raccontato l’artista –. Ma l’unico ricordo è la cicatrice. Mi ricordo invece quando a cinque anni rischiai di morire per un’operazione sbagliata alle tonsille”. Fu sua madre a comprendere che c’era qualcosa di strano: “Aveva preteso di passare la notte con me in ospedale. Mi scossero, e vomitai tutto il sangue che stavo ingurgitando. Emorragia. Mancava il plasma del mio gruppo, me lo donò una suora. Forse il senso di colpa viene anche da lì, dal sangue della suora…”.
Il primo concerto della sua vita, Ligabue lo vide al “Foxtrot” di Carpi, dove a suonare c’era Lucio Dalla: “Era brutto, pelosissimo. Poi salì sul palco e mi apparve forse bello, di sicuro enorme: i musicisti sparirono, esisteva soltanto lui. Vent’anni dopo mi telefonò per dirmi: ‘Ho ascoltato questa tua canzone, Certe notti. Il tuo album venderà 700mila copie’. Clic. Non aggiunse altro. Mi rese felice. Del resto, devo a lui la sopravvivenza durante l’anno più brutto della mia vita: il militare a Belluno, tra prevaricazioni inutili e crudeltà volgari, insulti e gavettoni di p*scia di mulo. Per resistere ascoltavo ‘Futura’ di Dalla, oltre a ‘Patriots’ di Battiato. E leggevo ‘Altri libertini’ di Pier Vittorio Tondelli”.
LIGABUE: “UNA FUGA NOTTURNA MI SALVÒ LA VITA”
Nel prosieguo del suo intervento sul “Corriere della Sera”, Ligabue ha asserito di aver fatto 800 concerti nella sua vita e che a scoprire il suo talento fu Pierangelo Bertoli, anche se, proprio all’apice del successo, pensò al ritiro: “Non mi andava di essere etichettato come rocker, di quelli costretti a girare sempre con gli occhiali scuri. Non mi andava di vedere i paparazzi pure a Correggio. Di farmi un nemico a ogni ‘non posso’. Di avere qualcuno dall’altra parte in attesa di qualcosa da me. Di sentire che avere successo significa svendersi. Invece, mi sono reso conto che potevo fare canzoni per il piacere di farlo”.
Una fuga notturna salvò la vita a Ligabue: era il primo agosto del 1980, un venerdì. Lui aveva una licenza dal militare e lui e due amici storici decisero di recarsi a Rimini, in cerca di ragazze. L’idea iniziale era quella di partire la mattina successiva in treno da Bologna, perché l’autostrada sarebbe stata ‘murata’. Invece “cambiammo idea e andammo in macchina la notte stessa. Il mattino ci svegliammo con le immagini della strage in stazione. Ci ho ripensato quando ho fatto il secondo film, ‘Da zero a dieci'”.
LIGABUE: “VOTO PD, MA A FATICA”
Ligabue ha sposato un’amica d’infanzia, Donatella, a cui aveva dato una manata in faccia giocando a nascondino: “Non l’avevo fatto apposta, ma lei aveva pianto tanto, e non per il dolore. L’ho ritrovata dopo anni. Una persona meravigliosa. Insieme abbiamo sofferto e siamo stati felici, abbiamo perso due gemelli e abbiamo avuto Lorenzo Lenny, il mio primogenito”. Poi, però, il loro amore è finito: “Un trauma per lei e per me. Ma avevo incontrato Barbara. E non potevo mentire a tutti, a cominciare da me stesso”.
Con Barbara, Ligabue ha avuto una figlia, Linda, e un figlio nato morto, Leon: “Ce lo fecero vedere. Me lo ritrovai in mano: un affarino di un chilo. Aveva i tratti della mamma. La voce di bambina della Barbara disse: è perfetto. L’ho fatto seppellire in un cimitero che ha un angolo chiamato degli angeli”. Oggi Ligabue è credente? “Sì. Non può non esistere una linea di giustizia che regola il mondo”. E nell’urna elettorale a chi va la sua preferenza? “I miei genitori erano comunisti. Oggi voto Pd, ma a fatica. Fatico a seguire Letta in questa convinzione che per fermare la guerra in Ucraina si debbano mandare altre armi”.