Un anno dopo la scomparsa di Liliana Resinovich, la sua morte è ancora un giallo. La Procura di Trieste non avrebbe raccolto elementi utili a inquadrare il decesso fuori dalla cornice di un presunto suicidio, ma la famiglia della 63enne sostiene che non possa essersi tolta la vita. Al netto di tutte le anomalie riscontrate dai consulenti dei parenti di Liliana Resinovich sulla scena del ritrovamento, condizioni del cadavere comprese, secondo la cugina della donna diversi punti deporrebbero per la pista di un omicidio e una tesi, in particolare, spiegherebbe perché il cordino che chiudeva i sacchetti di nylon ritrovati intorno al collo della 63enne – con cui, secondo gli inquirenti, si sarebbe soffocata -, non sia stato stretto con forza.
La cugina di Liliana Resinovich ha espresso la sua ipotesi ai microfoni di Quarto Grado, sostenendo che sia “morta per lo spavento” dopo essere stata aggredita e non nascondendo le sue perplessità sulla posizione del marito della vittima, Sebastiano Visintin. L’uomo non è indagato ma, dai familiari della 63enne e dall’amico “speciale” della stessa, Claudio Sterpin, sarebbe ritenuto a conoscenza di più cose di quante ne avrebbe riferito fin dal momento della misteriosa scomparsa della moglie. Sebastiano Visintin e Claudio Sterpin sarebbero stati sentiti in Procura anche di recente, portando sul tavolo degli inquirenti le rispettive idee sulla vicenda, e ora le indagini sarebbero a un bivio: archiviazione per suicidio o proroga per cercare altri elementi in grado di fare piena luce sul caso.
Liliana Resinovich: la cugina spiega la sua ipotesi sulla morte
Liliana Resinovich potrebbe essere “morta per lo spavento” in costanza di una brutale aggressione. Lo sostiene la cugina della donna, intervistata da Quarto Grado sul giallo di Trieste che, da un anno, tiene banco sulle colonne della cronaca nera. Secondo quanto sostenuto dalla donna, la 63enne sarebbe stata “presa da dietro con i sacchetti in testa, forse voleva allontanarsi dalla persona con cui magari stava litigando in strada. Si è spaventata perché le è mancato l’ossigeno e il cuore si è fermato“. Sul corpo di Liliana Resinovich, però, non sarebbe stata evidenziata la presenza di un solco tale da indurre a pensare che sia stata uccisa.
Su questo particolare punto della questione, la cugina avanza la seguente lettura: “È spiegabile anche l’assenza di solchi a carico della gola: nel momento in cui lei si sente lo spago (il cordino, ndr), si prende l’attacco cardiaco e va giù per terra. A quel punto non serve stringere“. I dubbi della famiglia di Liliana Resinovich sono in parte rivolti alla figura del marito, Sebastiano Visintin, alimentati da alcuni comportamenti che i parenti della 63enne riterrebbero anomali (come l’averne denunciato la sparizione su impulso di alcuni vicini e non di sua iniziativa), ma lui ritiene che questi “sospetti” affondino le radici in una storia familiare lunga decenni: “Non mi hanno mai accettato“. “Noi non l’abbiamo mai accusato di essere l’esecutore, abbiamo dato il beneficio del dubbio. Lei era buona e lui ne ha approfittato – ha dichiarato la cugina della vittima a Quarto Grado –, si è vendicato quando lei gli ha detto ‘Ti lascio’…“. Per i familiari di Liliana Resinovich, sul luogo del ritrovamento del corpo sarebbe stata prodotta una messinscena per depistare e indirizzare gli investigatori sul binario di un suicidio. Uno “staging” sostenuto anche dal fratello della donna, Sergio Resinovich, da sempre convinto che sia stata assassinata da qualcuno che prima l’avrebbe picchiata lasciandole dei segni sul volto.