Liliana Resinovich è stata uccisa? È a questo interrogativo chiave che cercano di rispondere i nuovi accertamenti della Procura di Trieste ordinati dal gip che aveva respinto l’istanza di archiviazione per suicidio proposta dai pm l’anno scorso sul caso della 63enne, trovata senza vita in un parco della città il 5 gennaio 2022. Liliana Resinovich era scomparsa settimane prima, precisamente il 14 dicembre 2021, e di lei non si era saputo più nulla fino al momento del ritrovamento del corpo.



Secondo il fratello, Sergio Resinovich, si tratta di un omicidio e a provarlo sarebbero alcuni segni sul volto della donna. “Tracce” evidenti di una verosimile colluttazione di cui, poche ore fa, l’avvocato che assiste l’uomo, Nicodemo Gentile, ha parlato ai microfoni di Cronache Sospese, su Retesole TV Umbria.



Liliana Resinovich, avv. Gentile: “Suicidio? Una messinscena. Ecco cosa disse un poliziotto di quel cordino…”

In studio, l’avvocato Gentile ha ripercorso tutti i punti critici che, secondo il parere dei suoi consulenti, metterebbero in discussione le conclusioni a cui era giunta la Procura di Trieste nella prima indagine. Secondo i pm, Liliana Resinovich si sarebbe suicidata soffocandosi con dei sacchetti in testa, chiusi con un cordino “lasso” intorno al collo, dopo essersi infilata letteralmente in due sacchi neri della spazzatura per coprire, chissà per quale motivo, il suo corpo. Una sorta di “auto-occultamento” che non si spiegherebbe in un contesto come quello suicidario e che non troverebbe riscontro nelle tracce repertate: su quelle buste di nylon, infatti, non sarebbe stata isolata alcuna impronta della vittima. Eppure, sottolinea Gentile, per mettere in atto un gesto anticonservativo con quelle modalità particolari Liliana Resinovich avrebbe dovuto manipolare parecchio quei sacchi e persino quel cordino, elementi sui quali lo stesso legale si è soffermato spiegando perché sarebbero evidenza di una messinscena.



Quel cordino intorno al collo di Lilly era lasso. Addirittura un poliziotto, nel verbale del 5 gennaio 2022 (giorno del ritrovamento del cadavere, ndr), lo aveva chiamato ‘fiocco’. Non ha lasciato nessun solco, nessun segno. Perché lo ha messo? Se non è funzionale a velocizzare l’evento morte (per meccanismo asfittico, ndr), che significato ha?“. A queste domande, Nicodemo Gentile propone la sua risposta sostenendo che quel cordino sia solo parte di uno staging per simulare una dinamica suicidaria e nascondere, maldestramente, le prove di un omicidio: “Evidentemente qualcuno, nel cercare di rendere credibile l’ipotesi suicidio, ha agito in modo superficiale e non è riuscito a imbastire in modo perfetto questo scenario. Su tutti i reperti, dai sacchi neri al cordino, alla roba contenuta nella borsa, non sono state trovate impronte di Lilly“.

Liliana Resinovich, il nodo insoluto della data della morte

Al centro del mistero che avvolge la scomparsa e la morte di Liliana Resinovich, nel cuore del caso ribattezzato “giallo di Trieste”, uno dei nodi insoluti è rappresentato dalla data del decesso. Secondo i familiari, è impossibile che la donna sia rimasta viva per settimane prima di essere ritrovata nel parco dell’ex ospedale psichiatrico triestino di San Giovanni, ma la Procura del capoluogo friulano, non trovando precisi elementi per inquadrare nitidamente l’epoca della morte (che secondo i suoi primi consulenti Costantinides e Cavalli sarebbe da ricondurre a un range compreso tra le 48 e le 60 ore precedenti al rinvenimento del corpo), ha detto che comunque l’accertamento della data della morte non cambia le cose: Lilly si è suicidata.

Di segno opposto la lettura dell’avvocato Nicodemo Gentile e del fratello della 63enne, Sergio Resinovich: “La Procura a un certo punto aveva chiuso l’indagine chiedendo l’archiviazione al gip partendo dal dato che la donna si era comunque suicidata e dal dato che non erano stati individuati dei reati e quindi, in ogni caso, riuscire a capire se la morte fosse avvenuta pochi giorni prima del ritrovamento oppure il giorno della scomparsa, alla fine, per quanto interessante, diceva la Procura, sapere quando è morta non è indispensabile“. Secondo il legale, questo approccio “è stato uno scivolone da parte della Procura” perché capire l’epoca del decesso “diventa fondamentale” in una indagine che abbraccia anche l’ipotesi del sequestro di persona. “È assolutamente illogico – questa la conclusione dell’avvocato Gentile – quello che ha scritto la Procura“. Oggi, mentre è in corso una nuova indagine sul caso, emerge che la data della morte di Liliana Resinovich potrebbe davvero essere diversa da quanto cristallizzato dai consulenti del pm in prima battuta: recenti accertamenti sulle temperature e sul microclima nel luogo del ritrovamento avrebbero dimostrato che il cadavere si sarebbe potuto “conservare” per settimane e che il processo di decomposizione potrebbe essere stato rallentato. Per questo, stando alla nuova consulenza, non può escludersi affatto che Liliana Resinovich sia morta il giorno della sua sparizione.