Il caso di Liliana Resinovich per la Procura di Trieste sarebbe chiuso sulla pista del suicidio. C’è una novità riportata da Chi l’ha visto?, secondo cui sarebbe stata chiesta l’archiviazione dell’indagine sulla morte della 63enne scomparsa il 14 dicembre 2021 e trovata senza vita, in un parco cittadino, il 5 gennaio seguente. La famiglia di Liliana Resinovich non ha mai creduto all’ipotesi di un gesto estremo della donna, e il fratello, Sergio Resinovich, si era detto pronto a una riesumazione della salma per eventuali nuovi accertamenti autoptici utili a fugare tutti i dubbi intorno al decesso.



Secondo la consulenza medico legale prodotta dagli esperti incaricati dal pm, Liliana Resinovich sarebbe morta suicida soffocandosi con dei sacchetti in testa, dopo essersi recata nel parco San Giovanni di Trieste e aver infilato le gambe in due sacchi neri della spazzatura. Uno scenario che non ha mai convinto i parenti della vittima e neppure il sedicente amante Claudio Sterpin, lo stesso che, pochi giorni fa, ha avanzato ulteriori sospetti sulla sparizione e sulla morte della 63enne non escludendo l’orizzonte di un delitto su commissione. Per i consulenti della Procura, “gli aspetti cadaverici macro e microscopici suggeriscono una morte asfittica tipo spazio confinato (“plastic bag suffocation”), senza importanti legature o emorragie presenti al collo” e il decesso di Liliana Resinovich sarebbe intervenuto “ragionevolmente a 48-60 ore circa prima del ritrovamento del cadavere stesso“.



Liliana Resinovich si è suicidata? Chiesta l’archiviazione del caso

La recente indiscrezione lanciata da Chi l’ha visto? sul giallo di Trieste riguarda la richiesta di archiviazione dell’indagine. Secondo gli inquirenti, Liliana Resinovich si sarebbe suicidata, ma restano tanti punti oscuri secondo la sua famiglia e chi la conosceva al di fuori della cerchia parentale. Resta il mistero fitto su cosa sarebbe successo e cosa avrebbe fatto la donna, ammessa la ricostruzione dei consulenti della Procura che parlano di morte avvenuta entro le 48-60 ore precedenti al ritrovamento del corpo, nel periodo tra la scomparsa e il decesso. Almeno 18 giorni che, secondo questa lettura, Liliana Resinovich dovrebbe aver trascorso ben nascosta da tutti, chissà dove, mentre il giallo mordeva le cronache con una frequenza quotidiana e su scala nazionale tra tv, web e carta stampata.



“Non si è suicidata”. Lo ripetono come un mantra i familiari, su tutti il fratello Sergio Resinovich, e l’amico “speciale” Claudio Sterpin, l’uomo che sostiene di aver avuto una relazione con la vittima e che la stessa, a ridosso della sparizione, fosse prossima a separarsi dal marito Sebastiano Visintin. Quest’ultimo ha sempre negato una crisi coniugale ed è apparso tiepidamente aperto all’ipotesi di un gesto estremo della moglie, seppur con qualche riserva relativamente alla asserita assenza di segnali o malesseri che potessero far presagire una volontà di farla finita nella 63enne con cui avrebbe vissuto un’unione lunga oltre 30 anni.

Le parole del procuratore: “Nulla è stato trascurato”

In merito alla richiesta di archiviazione del caso Liliana Resinovich, un servizio della Tgr Friuli Venezia Giulia riporta una nota del procuratore di Trieste, Antonio De Nicolo, diffusa nella mattinata di oggi, 21 febbraio. “La sola ricostruzione degli eventi consegnata dagli atti processuali è quella dell’intenzionale allontanamento della donna dalla sua abitazione e dell’altrettanto intenzionale decisione di por fine alla propria vita – si legge in un passaggio riportato dalla testata –. Nulla è stato trascurato di ciò che poteva essere ragionevolmente intrapreso per giungere ad una compiuta descrizione delle circostanze della scomparsa, e per l’individuazione dei possibili reati commessi in suo danno“.

Secondo la ricostruzione della Procura di Trieste, quindi, la donna si sarebbe allontanata volontariamente dalla sua casa e avrebbe deciso di suicidarsi senza essere sottoposta ad alcuna costrizione. Nulla, dall’inchiesta che era stata aperta per risolvere il giallo, sarebbe emerso in direzione di reati commessi da terzi ai danni di Liliana Resinovich. Non ci sarebbe alcun elemento, stando alle indagini condotte per oltre un anno, utile a cristallizzare come fondata l’ipotesi di un omicidio.