Liliana Resinovich e quel portachiavi a forma di “L”

Liliana Resinovich è scomparsa un anno fa a Trieste, il suo corpo senza vita è stato rinvenuto in un parco cittadino il 5 gennaio scorso e, secondo i consulenti della Procura, sarebbe morta entro le 48-60 ore precedenti al ritrovamento. Per almeno 18 giorni, seguendo questa lettura degli eventi, la donna avrebbe dovuto vagare o nascondersi da qualche parte riuscendo a sfuggire al pressing dei media e degli inquirenti per poi suicidarsi soffocandosi con delle buste in testa. Ma solo dopo aver infilato le gambe in due sacchi neri per la spazzatura.



Il giallo è ancora irrisolto e nell’alveo dei punti oscuri si innesta un altro elemento: la misteriosa sparizione delle sue chiavi di casa, un mazzo con un portachiavi a forma di “L”, iniziale del suo nome, da cui non si separava mai. Si tratta di un effetto personale, sottolinea Chi l’ha visto?, che non è mai stato ritrovato e che oggi alimenta pesanti ombre intorno all’ipotesi della famiglia: Liliana Resinovich forse uccisa da qualcuno che conosceva e che, per simulare un suicidio, successivamente avrebbe riportato alcuni oggetti – tra cui il portafogli – nella sua abitazione per dimostrare che la donna era uscita di casa con l’intento di togliersi la vita.



Le chiavi di Liliana Resinovich usate dall’assassino per simulare il suicidio?

L’interrogativo non sarebbe secondario nelle ipotesi dei familiari di Liliana Resinovich. La cugina della 63enne, ospite a Chi l’ha visto?, ha parlato delle chiavi di casa mancanti che sarebbero ancora al centro di un piccolo giallo nel giallo. Perché non sono state ritrovate dopo la morte di Liliana Resinovich? Il sospetto dei parenti della vittima è che qualcuno possa averle usate per reintrodurre in casa alcuni oggetti della donna, come il portafogli, per dimostrare che sia uscita dall’abitazione senza effetti personali da cui non si separava mai con un solo scopo: suicidarsi.



Ma la famiglia pensa che Liliana Resinovich sia vittima di un omicidio e non intende fermarsi, neanche in caso di archiviazione. Al momento si attende la decisione della Procura di Trieste, ma la consulenza medico legale disposta dal pm per chiarire cause ed epoca della morte avrebbe già spostato l’asse d’indagine verso la pista suicidaria. I consulenti incaricati dalla Procura, infatti, nelle loro conclusioni avrebbero rilevato l’assenza di segni di violenza riconducibili all’azione di terzi sulla scena, propendendo così per un gesto estremo volontario di Liliana Resinovich. Ma ancora troppe, secondo il fratello, Sergio Resinovich, sarebbero le anomalie senza spiegazione emerse da “due autopsie che dicono cose diverse“: lividi e sangue sul volto, alcune “strane fratture” e il corpo sostanzialmente intatto, come se la donna fosse deceduta nell’immediatezza della scomparsa – il 14 dicembre 2021 – e il cadavere fosse stato conservato altrove, in un luogo a temperatura tale da ritardarne la decomposizione. Tutti elementi che, un anno dopo l’inizio del mistero, non smettono di sollevare perplessità.