Un orologio rosa in silicone con il vetrino scheggiato e dei lividi sul volto: la soluzione del giallo di Trieste, iniziato il 14 dicembre 2021, potrebbe essere racchiusa in questi due elementi. Il primo è l’accessorio che Liliana Resinovich indossava al momento della morte e, secondo i consulenti del fratello Sergio Resinovich, potrebbe essere stato rotto durante una colluttazione con un potenziale assassino. Il secondo elemento rappresenta quello che per il medico legale Vittorio Fineschi, luminare della materia parte del pool che assiste l’uomo, costituisce uno dei cardini capaci di sconfessare l’ipotesi di un suicidio: le ecchimosi sul corpo di Liliana Resinovich sarebbero compatibili con una aggressione, quindi con un omicidio, e non sarebbero state compiutamente “spiegate” in sede di prima indagine quando la Procura si convinse dell0 scenario di un gesto estremo.
Ecco perché la seconda autopsia, condotta pochi mesi fa nell’alveo degli ulteriori accertamenti disposti dal gip, sembrava poter essere il punto di svolta per arrivare a determinare le cause e, forse, l’epoca del decesso. Si tratta di due dati, questi ultimi, rimasti opachi all’esito del primo esame autoptico perché, come evidenziato dallo stesso professor Fineschi, sarebbero state bypassate operazioni fondamentali al momento del ritrovamento del cadavere: dalla mancata rilevazione della temperatura cadaverica all’inquinamento della scena con la violazione dell’abc del protocollo per i rilievi in casi di rinvenimento di un corpo come quello di Liliana Resinovich. Quarto grado torna su questi due nodi centrali della vicenda nella puntata del 14 giugno, ancora a caccia di risposte.
Il marito di Liliana Resinovich e il sedicente amante continuano ad accusarsi a vicenda
Non è bastato il confronto in diretta tv a Quarto grado, concluso con una stretta di mano a favore di telecamera, per spegnere la pioggia di reciproche accuse tra i due protagonisti collaterali del giallo di Liliana Resinovich, suo marito Sebastiano Visintin e il sedicente amante della donna, Claudio Sterpin. L’orizzonte di una “tregua” tra i due si è rivelato talmente fragile che neppure 24 ore dopo, entrambi, attraverso i microfoni di diverse trasmissioni televisive, hanno ripreso a dirsele sostenendo ancora ognuno la rispettiva posizione.
Per Sebastiano Visintin, Sterpin sarebbe un mitomane che millanta una relazione mai esistita con sua moglie. Quest’ultimo, dal canto suo, ritiene che il vedovo abbia scheletri nell’armadio e nasconda qualcosa nel mistero della scomparsa della 63enne. La linea di Claudio Sterpin è la stessa sposata dai parenti di Liliana, anzitutto dal fratello Sergio Resinovich e dalla cugina Silvia, tutti convinti che si tratti di un omicidio.
Le condizioni del corpo di Liliana Resinovich al momento del ritrovamento
Il caso di Liliana Resinovich era apparso da subito particolarmente complesso, complice il mistero di una sparizione apparentemente inspiegabile. La donna, a detta dei familiari, non avrebbe avuto alcun motivo per allontanarsi volontariamente né per suicidarsi. Motivo per cui il fratello si è opposto alla richiesta di archiviazione per suicidio avanzata lo scorso anno dalla Procura di Trieste dando così impulso a una nuova fase investigativa sulla morte della donna.
A rendere ancora più misteriosa la storia, le condizioni del corpo della 63enne al momento del ritrovamento. Il cadavere è stato rinvenuto tra la vegetazione del parco dell’ex ospedale psichiatrico San Giovanni del capoluogo, steso a terra in posizione fetale e contenuto in due grandi sacchi neri della spazzatura. La testa di Liliana Resinovich era avvolta da due buste di nylon chiuse intorno al collo con un cordino lasco. L’ipotesi iniziale è che si sia soffocata con quei sacchetti dopo essersi infilata in quelli più grandi, chissà per quale scopo. Una ricostruzione che non ha mai convinto i parenti, da subito scettici davanti ad una simile ipotesi e convinti che invece sia stata uccisa. Il problema ora è che il corpo, in sede di riesumazione, sarebbe apparso in pessimo stato di conservazione e non si esclude che la seconda autopsia possa rivelarsi non dirimente.