La modalità in cui è stato trovato il cadavere ad alimentare i dubbi sulla morte di Liliana Resinovich. Se le prime indiscrezioni portavano nella direzione del suicidio, il giallo dei due cellulari e della fede nuziale  hanno confermato le ipotesi di scenari diversi. Come evidenziato da Quarto Grado, è stato prelevato il dna del marito Sebastiano per confrontarlo con quello del cordino. Ma non è tutto.



Il programma condotto da Gianluigi Nuzzi è tornato sullo scambio di accuse tra Sebastiano e la coppia di amici Pino e Laura. Questi ultimi, infatti, nutrono sospetti sul marito di Liliana Resinovich, si chiedono perché abbia consegnato loro le foto della moglie prima ancora che il corpo della donna venisse ritrovato. Intervenuto ai microfoni del programma, Sebastiano ha spiegato: «Ho fornito tutti i chiarimenti necessari e ho dato il consenso al prelievo del mio dna. Sono molto scosso. Cosa mi ha ferito? Questo tempo, questi mesi, non si riesce a capire…».



Liliana Resinovich: “Dna maschile sul cordino”

Tracce di Dna maschile sul cordino presumibilmente usato per chiudere le buste intorno al capo di Liliana Resinovich potrebbero essere la firma dell’assassino? Clamorosa svolta in vista, quella documentata dalla trasmissione La vita in diretta in merito al giallo della donna di Trieste aprendo ad una ipotesi sempre più concreta: Lilly potrebbe essere stata uccisa ed il suo assassino sarebbe ancora in libertà. Il fratello di Liliana non ha mai creduto alla tesi del suicidio e così la sorella che alla trasmissione di Rai1 ha commentato: “Aveva un programma di vita, quindi non va a suicidarsi no?”.



Anche in una memoria inviata in procura, il fratello Sergio avrebbe scritto: “Lilly è stata uccisa, non abbiamo dubbi”. Adesso il Dna maschile che sarà usato per tutti i confronti del caso, trovato sul cordino, andrebbe a confermare ulteriormente la tesi dei familiari della vittima. Sulle tracce del Dna, il marito Sebastiano si è limitato a commentare: “Non ho la minima idea, scusami”. Oggi l’uomo è sempre più sfuggente e quasi dimesso. (Aggiornamento di Emanuela Longo)

Liliana Resinovich, dalla procura di Trieste si parla di piccoli progressi…

A quasi tre mesi dalla scomparsa di Liliana Resinovich, la donna 63enne di Trieste, la verità sulla sua morte sembrerebbe ancora lontana. Liliana aveva fatto perdere le sue tracce la mattina del 14 dicembre scorso, per poi essere rinvenuta senza vita il 5 gennaio in un bosco a poca distanza dalla sua abitazione che condivideva con il marito Sebastiano Visintin dal quale, pare, aveva intenzione di separarsi. Un giallo quello di Liliana Resinovich sul quale tornerà questa sera anche la trasmissione Quarto Grado, nel corso della nuova puntata durate la quale saranno resi noti i principali sviluppi attorno alla vicenda.

Nel frattempo, nella giornata di ieri è intervenuto il procuratore Capo di Trieste, Antonio De Nicolo, che si è detto “fiducioso” rispetto agli esiti delle indagini sulla morte di Liliana Resinovich dal momento che “le forze in campo stanno facendo il massimo che si può fare”. Lo ha riferito a margine di un incontro, come spiega il quotidiano Il Piccolo, parlando dell’attività investigativa della Squadra Mobile. “Sono a contatto quotidiano con loro, so che ci sono dei piccoli progressi per capire tante cose, ma fino a quando il quadro non ci è chiaro abbiamo deciso di auto consegnarci al silenzio”, ha aggiunto.

Giallo Liliana Resinovich: il silenzio scelto dalla procura

Ad oggi attorno al caso di Liliana Resinovich si sono diffuse diverse teorie e presunte piste ma gli inquirenti hanno invece scelto il massimo riserbo: “Sul caso Resinovich tutti parlano tranne noi che abbiamo scelto la via del silenzio. Il vero investigatore è la squadra mobile dotata di veri investigatori deve lavorare con pazienza senza far trapelare nulla di quello che sta facendo. Molti altri fanno rumore noi no”, ha tuonato. Non è chiaro se il riferimento fosse alle persone vicine alla vittima o ai giornalisti.

Ad oggi resta tuttavia aperta la doppia pista su Liliana Resinovich: quella dell’omicidio e quella altrettanto drammatica del suicidio. Le persone a lei vicine sarebbero certe che non si sarebbe mai tolta la vita. Per far fronte ai numerosi dubbi, oltre all’autopsia psicologica sarà utile l’analisi dei tablet della donna, sebbene siano stati sequestrati dopo 45 giorni. Al momento nessuno risulta indagato e gli inquirenti procedono per sequestro di persona a carico di ignoti. Tra gli aspetti al vaglio degli inquirenti, oltre ai reali rapporti con il marito e con l’amico Claudio Sterpin, ci sarebbe anche la questione economica, tra tfr e codici bancari smarriti.