Proroga di un mese per il deposito delle analisi tossicologiche e degli esami sui reperti trovati vicino al cadavere di Liliana Resinovich, la 63enne di Trieste scomparsa da casa il 14 dicembre e trovata morta il 5 gennaio scorso. La richiesta è stata avanzata dagli esperti che si stanno occupando degli accertamenti su incarico della procura che indaga sulla morte. Nel frattempo le indagini proseguono nel massimo riserbo. Nonostante ciò nelle ultime ore è emerso il possibile movente economico, non più solo quello passionale. L’ipotesi è stata aperta dal fratello della donna, Sergio Resinovich, che ha inviato alla procura una lettera in cui esclude l’ipotesi del suicidio.
In quella memoria, trasmessa via Pec tramite l’avvocato Luigi Fadalti, afferma che in famiglia c’erano tensioni legate ai soldi. Fa i nomi del marito Sebastiano Visintin e del figlio Piergiorgio. Entrambi, secondo il fratello di Lilly, erano interessati ai suoi soldi, visto che da ex dipendente regionale poteva contare su una buona pensione. Pare che Piergiorgio chiedesse insistentemente soldi al padre, che lui a sua volta chiedeva alla moglie. Il rifiuto di Liliana Resinovich avrebbe allora causato frizioni in famiglia.
FIGLIO DI SEBASTIANO VISINTIN “SONO ALLIBITO”
«Nella lettera io ho esternato i miei dubbi sull’ipotesi del suicidio, perché per me non è un suicidio. Sentivo mia sorella ogni giorno, non aveva mai manifestato intenzioni del genere. Stava bene», ha dichiarato Sergio Resinovich a Repubblica. Inoltre, ha ribadito il possibile movente economico dietro la morte della sorella: «Il marito Sebastiano e suo figlio Piergiorgio avevano di sicuro interessi economici nei suoi confronti. Ma lei non voleva aiutare Piergiorgio». Ma il figlio di Sebastiano Visintin, citato nella memoria trasmessa in procura, nega ogni coinvolgimento.
«Sono allibito, io non vedevo Liliana da più di tre anni. Non avevo rapporti con lei e non le ho mai chiesto soldi. Anzi, è proprio Sergio quello che riceveva denaro dalla sorella. Mi risulta che lei gli pagava il mutuo e gli dava una mano». La questione è delicata: «Si fanno accuse nei miei confronti. Io non c’entro niente». Non è ancora chiaro se quella lettera diventerà oggetto di indagine. Si attendono i risultati degli esami, per i quali appunto oggi arriva la notizia della proroga di 30 giorni.