Nella diretta di ieri la trasmissione Le Iene si è occupata – per la prima volta negli ultimi tre anni – dell’ormai lunghissimo mistero sulla morte di Liliana Resinovich che il 14 dicembre del 2021 sparì misteriosamente nel nulla dopo essersi allontanata dall’abitazione che condivideva con il marito Sebastiano Visintin lasciandosi alle spalle tutti i suoi averi (inclusi entrambi i cellulari che possedeva, il portafogli e i documenti): si dovettero attendere 22 lunghissimi giorni per sapere che fine avesse fatto Liliana Resinovich, quando venne casualmente trovata in un boschetto triestino infilata in due sacchi della spazzatura e con la testa infilata in un terzo sacchetto chiuso con un cordino leggermente annodato.
Sul caso di Liliana Resinovich – vale la pena ricordarlo brevemente – fin da subito la procura ipotizzò la pista del suicidio (nonostante l’assurdità della posizione e condizione in cui venne trovata), ma media e quotidiani puntarono ben presto l’attenzione sul marito e sulla misteriosa figura del – presunto – amante Claudio Sterpin che a loro volta si sono rimbalzati più volte le responsabilità; mentre dopo la ferma opposizione della famiglia all’archiviazione sul corpo grazie all’analisi autoptica sono state individuate diverse lesioni e tracce che stanno facendo completamente riscrivere il caso.
Soffermandoci proprio su queste numerose incongruenze sul corpo di Liliana Resinovich – oltre alle già citate lesioni – ricordiamo la presenza nel suo stomaco dei resti alimentari consumati la mattina stessa in cui si è allontanata da casa, la traccia ancora evidente del solco dell’anello (che il marito alle Iene nega che si sarebbe mai tolta volontariamente), la pulizia della suola e dei sacchi delle scarpe incompatibile con l’ipotesi che abbia camminato nel boschetto in un periodo piovoso come il dicembre del 2021 e – da ultimo, ma non meno importante – il perfetto stato di conservazione del cadavere.
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Insomma, la tesi del suicidio di Liliana Resinovich non torna per la semplice incongruenza delle evidenze rilevate e – non a caso – il giudice ha negato l’archiviazione del caso aprendo a 25 fondamentali domande che dovranno trovare una risposta al più presto prima di giungere ad una soluzione; il tutto culminato con la recentissima (ed estremamente discussa) autopsia che parrebbe aver ricollegato le lesioni sul corpo all’azione di una persona terza alla vittima: un aspetto che – spiega il marito – “mi ha arrabbiare perché nella richiesta di archiviazione queste cose non sono emerse e sono venute fuori solamente a tre anni di distanza“.
Tornando al principio della sparizione di Liliana Resinovich sappiamo per certo – ce lo dice il marito – che “è uscita di casa sorridente” prima di fare una telefonata al presunto amante Claudio Sterpin che la attendeva – come “nei tre mesi precedenti”, spiega lui – a casa sua, avvisandolo che avrebbe tardato leggermente perché doveva fare una tappa alla Wind: dal conto di Claudio la tesi è che il marito fosse a conoscenza del loro progetto di vita futura assieme (che si sarebbe dovuto avviare di lì a pochi giorni); mentre Sebastiano nega la relazione amorosa tra i due avanzando la tesi che “volessero nascondere qualcosa di più grosso” che non sa motivare.
Sempre di certo nel giorno della sparizione di Liliana Resinovich ci sono alcune riprese cittadine che l’hanno individuata percorrere 350 metri fino alle 8:50 (l’ultimo presunto avvistamento da parte di un bus) camminando in totale 8 minuti e 59 secondi; mentre l’inviata delle Iene percorrendo la stessa identica strada nell’arco di 4 minuti e 58 secondi, interpellando poi la criminologa Sara Capoccitti che oltre ad aver sottolineato che nulla in quelle immagini faccia pensare veramente a Liliana Resinovich ha notato anche la discrepanza negli abiti indossati. In tutto questo, dalle poche riprese che la ritraggono si nota in ogni passaggio della donna la presenza dello stesso scooter nero che sembra seguirla fino alla cam del bus.