Manca ormai poco alla riesumazione del corpo di Liliana Resinovich, fissata per il prossimo 14 febbraio, e alla nuova autopsia nell’ambito delle indagini disposte dal gip di Trieste a seguito del rigetto dell’istanza di archiviazione per suicidio proposta dalla locale Procura. L’interrogativo è sempre e soltanto uno: la 63enne è stata uccisa? Due anni dopo il ritrovamento del cadavere della donna nel parco dell’ex ospedale psichiatrico San Giovanni del capoluogo, manca la risposta alla domanda principe del giallo, mentre è guerra aperta e senza sconti tra il vedovo, Sebastiano Visintin, aperto anche allo scenario suicidario, e i parenti della vittima schiaratisi fin da subito al fianco del sedicente amante Claudio Sterpin convinti che si tratti di un omicidio.



Ho preso la decisione di combattere, di lottare affinché la verità venga fuori – ha dichiarato poche ore fa Sebastiano Visintin, ospite negli studi di Iceberg, questo mi aspetto. Dentro di me c’è il buio assoluto, per me Liliana era una donna eccezionale, una persona capace, amava la vita, non posso pensare che si sia tolta la vita. Chi poteva farle del male? Non aveva problemi con nessuno, era aperta e generosa, sempre pronta a dare una mano, al sorriso. Sinceramente la storia d’amore raccontata da Claudio Sterpin non esiste, assolutamente. È frutto della sua fantasia. Era solo un’amicizia, una frequentazione come ho io con altre persone che conoscono e che hanno bisogno di aiuto“.



Liliana Resinovich: cosa ci si aspetta dalla nuova autopsia

La nuova autopsia sul corpo di Liliana Resinovich punta a risolvere i quesiti posti dal gip di Trieste relativamente ai nodi ancora irrisolti nel giallo. Anzitutto l’epoca del decesso, inquadrata dai consulenti medico legali della Procura in una finestra temporale compresa tra le 48 e le 60 ore precedenti al ritrovamento del cadavere (datato 5 gennaio 2022). Si tratta di un aspetto cruciale in quanto la 63enne, ammessa la ricostruzione indicata nella relazione precedente, sarebbe stata viva almeno fino a 2-3 giorni prima e ciò presuppone che si sia nascosta chissà dove nel periodo tra la scomparsa (avvenuta il 14 dicembre 2021) e la morte.



Poi le cause del decesso, oggetto di aspra contesa in quanto per i consulenti del fratello della vittima, Sergio Resinovich, potenzialmente ascrivibili al contesto di un’azione violenta. In sostanza, i parenti di Liliana Resinovich non hanno mai creduto al suicidio sostenuto, invece, dai pm, ma credono che la donna sia stata percossa e uccisa. A dimostrarlo, stando a quanto evidenziato dal professor Vittorio Fineschi, consulente medico legale della parte interessata, sarebbero diverse ecchimosi e lesioni non compatibili con un quadro autolesionistico/suicidario. Non è chiaro quale sarà il grado di soddisfazione dei quesiti all’esito del nuovo esame autoptico atteso nelle prossime settimane: a incidere sulle capacità di arrivare a dati certi che dimostrino l’uno o l’altro scenario – suicidio o omicidio – sono anzitutto alcune lacune incolmabili in sede di prima indagine. Come sottolineato ancora da Fineschi, infatti, quando il corpo fu rinvenuto non si procedette ad alcuni accertamenti chiave, per loro natura irripetibili, che avrebbero potuto chiarire quando è morta Liliana Resinovich: dalla rilevazione della temperatura del cadavere al prelievo dei reperti, alla preservazione della scena. “Il sopralluogo è un atto fondamentale che ha delle procedure, una prassi – ha spiegato Fineschi a Chi l’ha visto?, e soprattutto una scalarità: si arriva sul luogo, si delimita l’area di interesse, si fa in modo di osservare non solo il corpo eventualmente ritrovato, ma anche ciò che lo circonda. Si fa una descrizione dettagliata degli eventi, si suole dire ‘si congela e fotografa la scena’. Tutto questo, nel caso di Liliana Resinovich, non è stato fatto. Quell’accertamento non ha seguito proprio la prassi, la metodologia medico legale. Questo dispiace, perché in quella sede si sono persi tanti elementi che potevano chiarire il caso“.