Liliana Resinovich non può essere rimasta per settimane nel parco dell’ex ospedale psichiatrico San Giovanni di Trieste prima del ritrovamento, perché inevitabilmente si sarebbe rilevato un intervento della fauna selvatica sul cadavere o quantomeno sui sacchi che lo contenevano. È quanto sostiene lo zoologo Nicola Bressi, consulente della famiglia della 63enne incaricato di accertare quali animali si trovano in quel boschetto e qual è il comportamento che ci si attende dalle specie che popolano la zona.



L’esperto è stato intervistato dal quotidiano Il Piccolo e, di fatto, esclude che il corpo fosse lì da tempo. Il suo parere porta in una direzione opposta a quella di una permanenza di medio-lungo termine nell’area e conclude che fosse lì “da un giorno, non di più“, alla luce del fatto che il luogo dov’è stato rinvenuto si trova lungo un tratto intensamente percorso da volpi e cinghiali. Per il consulente dei parenti di Liliana Resinovich, è quindi “altamente improbabile” che il corpo sia rimasto per giorni in quel punto “senza che alcun animale abbia dato un morso o, per curiosità, abbia leggermente spostato i sacchi per annusare, per capire cosa ci fosse sotto“. Ma non è il solo aspetto a innescare il sentore di una possibile svolta nel caso.



Liliana Resinovich, scoperte presunte nuove lesioni nella seconda autopsia: “Aveva una frattura vertebrale”

La seconda autopsia, affidata alla dottoressa Cristina Cattaneo, sembrerebbe aver evidenziato nuove lesioni sul corpo di Liliana Resinovich. Oltre ai segni sul volto della donna – che per il fratello Sergio Resinovich e i suoi consulenti documenterebbero un’aggressione immediatamente precedente all’omicidio -, sarebbe emersa una frattura vertebrale non rilevata in sede di primo esame autoptico.

Se questo dato venisse confermato (finora resta a titolo di indiscrezione, riportata dalla trasmissione Storie Italiane poche ore fa), significherebbe che gli accertamenti condotti a margine del ritrovamento del cadavere avrebbero trascurato elementi di notevole interesse investigativo e che si tratterebbe di un’evidenza che rafforzerebbe l’ipotesi di una morte violenta contrariamente alla tesi del suicidio sostenuta dalla Procura di Trieste. Occorrerà attendere il deposito della relazione autoptica conclusiva per capire se veramente siamo di fronte a un clamoroso errore, con conseguente colpo di scena pronto a riscrivere le ultime ore prima della morte di Liliana Resinovich. Secondo il fratello della vittima, sarebbe stata “picchiata, bastonata pesantemente e poi uccisa”. La famiglia è convinta che la donna sia stata assassinata il giorno stesso della scomparsa (il 14 dicembre 2021) e che soltanto in un secondo momento, verosimilmente a ridosso del rinvenimento avvenuto il 5 gennaio successivo, il corpo sia stato trasportato nel boschetto. Questo spiegherebbe perché si è conservato bene e non sia stato soggetto ai processi della decomposizione che ci si attende in quel lasso di tempo (se fosse stato davvero all’aperto per quasi un mese, sebbene dentro i sacchi).