Liliana Riccobene è la moglie di Giuseppe Montalto, ucciso su mandato di Matteo Messina Denaro il 23 dicembre 1995. Raggiunta da La Stampa, ha commentato con parole amare l’arresto di quel boss che stroncò la vita di suo marito. “Lui viene tutelato oggi da quello Stato che invece non ha tutelato mio marito” dichiara Liliana Riccobene. Aveva 26 anni, una bambina di appena 10 mesi ed era incinta della seconda figlia quando Giuseppe Montalto, agente di Polizia penitenziaria di soli 30 anni, su ordine dello stesso Matteo Messina Denaro fu ucciso in auto, davanti casa dei suoceri e sotto gli occhi della moglie.
Oggi, in seguito alla notizia dell’arresto, Liliana Riccobene racconta di aver “metabolizzato il dolore. Ho letto dei suoi mali, sono sicura e contenta che verrà curato, io gli auguro di vivere così a lungo dentro al carcere, pensando ai tanti da lui uccisi o fatti uccidere, ai familiari”, proprio come Giuseppe Montalto. “Io, le mie figlie, siamo, come lo era Giuseppe, lontanissimi da quel suo mondo malefico”. Liliana Riccobene affida a La Stampa le sue riflessioni e il suo dolore: “penso al ricordo per Giuseppe che è sbiadito quasi subito” e al “boss in carcere curato per la sua salute, mentre nelle nostre città tanti cittadini onesti forse non possono ambire a cure analoghe. Lui capo di una Cosa nostra che ha impoverito questa terra, causa di tanti giovani che per vivere devono andarsene. Ho visto un boss tutelato, perché niente manette?”.
Liliana Riccobene: “basta mezze verità su delitti e arresti, come quello di Matteo Messina Denaro”
Liliana Riccobene ha visto morire davanti ai suoi occhi il marito Giuseppe Montalto, ucciso nella periferia di Trapani per aver bloccato il passaggio di un “pizzino”. Uno sgarro che i boss non gli perdonarono, al punto da rivolgere una precisa richiesta a Matteo Messina Denaro, riportata da La Stampa: “Ninuccio (Madonia ndr) vuole eliminata una guardia carceraria che ‘si comporta male’”. Una richiesta tragicamente esaudita il 23 dicembre 1995.
Liliana Riccobene lotta al fianco di libera contro “le mezze verità sui delitti, sugli arresti, come quello di questa persona. Dinanzi alla sua cattura il bicchiere è mezzo pieno. Ho la sensazione che l’hanno fatto scoprire, perché questa Cosa nostra deve riprendere a vivere”. E si augura “che in questi giorni siano tutti i cittadini liberi da omertà a riprendersi in mano le loro vite”.