La battaglia contro l’odio e l’intolleranza si fa sul web, ma a fornire le armi deve essere il legislatore. Lo sostiene Liliana Segre con la sua “Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo, istigazione all’odio e alla violenza“. Dopo dieci mesi di lavori, con la relazione finale votata all’unanimità, arriva il pressante invito ad un intervento normativo. «Rispetto ad altre fasi storiche, ciò che oggi appare peculiare è la pervasività dei discorsi d’istigazione all’odio legata alla capacità di propagazione della rete». Per questo questo tema viene riconosciuto «come il più urgente». Nella relazione si riconosce «una libertà di odiare, che attiene alla sfera dei sentimenti ed è fuori dai confini di questa indagine». Ma questa libertà «va distinta dai discorsi d’odio». La Commissione presieduta da Liliana Segre riconosce anche «la difficoltà, per mancanza di strumenti adeguati alle molteplici complessità del fenomeno, di mappare per intero la gravità dei discorsi d’odio». Ma di sicuro appare sottostimato, vista la difficoltà delle vittime di denuncia e la difficoltà del soggetto pubblico che raccoglie la denuncia di riconoscere e categorizzare l’istigazione all’odio, soprattutto perché manca una definizione univoca, «di conseguenza per l’assenza di una fattispecie normativa che ne riconosca la specificità».



Per tutti questi motivi la Commissione guidata da Liliana Segre chiede «un intervento a tutela delle categorie più deboli delle nostre società». Proprio perché il contrasto ai discorsi di istigazione all’odio non devono scontrarsi con la necessità di tutelare la libertà di espressione, bisogna definire il confine. «Individuare questo punto di confine è lavoro sicuramente complesso, ma al quale sarebbe gravemente inadempiente sottrarsi». I discorsi di odio non vanno però confusi con minacce, ingiurie, molestie, che richiedono un trattamento culturale e giuridico diverso.



“LA POLITICA DEVE RISPONDERE AI CRIMINI D’ODIO”

L’invito è ad agire come i padri costituenti, che all’abominio delle leggi razziali volute dal fascismo risposero con gli articoli della Costituzione. «La risposta più forte che la politica possa dare contro i discorsi d’istigazione all’odio è in primo luogo attuare la Costituzione, promuovere leggi d’inclusione, che estendano diritti sociali e civili, che sono tutt’uno e si rafforzano vicendevolmente». I discorsi di odio hanno un nesso, infatti, col malessere sociale, oltre che con fattori storici e pregiudizi. Sono anche l’indicatore dell’aggressività dovuta alle diseguaglianze che causano una rabbia cieca. Quindi, bisogna «intervenire per contrastare le cause sociali e culturali che favoriscono il fenomeno anche attraverso l’attuazione delle strategie già elaborate su antisemitismo, rom e donne».  Peraltro, i discorsi di odio non rappresentano solo una lesione della dignità della vittima, ma anche una limitazione della sua libertà di espressione. «La vittima di istigazione all’odio, infatti, è impossibilitata ad esprimere sé stessa». Quindi, contrastare i crimini d’odio vuol dire anche tutelare la libertà di espressione dei deboli nei confronti dell’abuso della libertà di espressione dell’aggressore. C’è anche un importante richiamo ai social, che diventano moltiplicatori di odio. «Questo gigantesco potere privato va ricondotto all’interno di norme costituzionali, entro cornici definite dalle assemblee legislative democraticamente elette».



“NORME CONTRO ODIO E PER REGOLAMENTARE LA RETE”

Un intervento normativo è, dunque, fondamentale anche per rendere attuabile il Digital services act (DSA): senza una definizione di discorso d’odio, l’applicazione del Regolamento sarebbe inefficace. La questione che potrebbe essere risolta laddove fosse accolta la proposta di modifica all’articolo 83 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, che mira a includere i reati d’incitamento all’odio e i crimini ispirati all’odio tra i reati di rilevanza europea. Nel frattempo, il Parlamento deve intervenire. «È necessaria una forte e condivisa iniziativa politica e legislativa, intorno ad alcune misure dirimenti che possono essere messe in campo per contrastare la diffusione dei discorsi d’odio». Nella relazione finale, la Commissione guidata da Liliana Segre chiede strumenti per garantire la conoscenza del fenomeno e una definizione giuridica nel nostro ordinamento. Questo faciliterebbe il lavoro delle forze dell’ordine, dei giudici e degli insegnanti. «Si ritiene necessario che il Parlamento italiano promuova l’introduzione di strumenti normativi specifici relativi all’odio on line e alla regolazione della rete, rimarcando che in assenza di un intervento pubblico rimane solo lo strapotere di soggetti privati che finiscono per stabilire “chi può dire cosa” sulle “loro” piattaforme». Ma serve anche per impedire che questo fenomeno eroda le basi della nostra democrazia.