Liliana Segre si racconta in una splendida video intervista al Corriere della Sera, pubblicata in queste ore in occasione della Giornata della Memoria 2023. «Quando un silenzio, per l’impossibilità di parlare di un argomento, dura quarantacinque anni, la testimone si domanda se le uscirà la voce, a chi interesseranno le sue parole…» esordisce così una delle ultime superstiti alla Shoah, raccontando cosa l’abbia spinta a testimoniare. La decisione, spiega, venne presa «quando divenni nonna, esperienza straordinaria per una che sarebbe dovuta morire». Liliana Segre è andata per trent’anni nelle scuole a raccontare agli studenti di tutta Italia l’orrore della Shoah e il perchè sia importante non dimenticare, poi ad un certo punto, causa l’età, ha dovuto smettere, senza però dimenticarsi di ricordare quei tragici eventi in occasione di interviste ed eventi ufficiali.



«Intorno agli ottant’anni — ha raccontato ancora Liliana Segre al «Corriere» — pensai di buttare tutti quei materiali (riferendosi alle sue testimonianze nelle scuole ndr). Non volevo restassero ai miei figli, già coinvolti nei traumi di una mamma sopravvissuta. Però non l’ho fatto. E quando il Cdec (Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea ndr) mi ha chiesto se poteva occuparsene, ho detto di sì». Sono documenti «che fin dall’inizio custodii religiosamente perché erano lo specchio di una profonda scelta di vita fatta a sessant’anni, un mare che mi ha travolto, una spinta inarrestabile a rompere il silenzio».



LILIANA SEGRE E L’ANEDDOTO DEL 1995

Gli archivisti Francesco Lisanti e Rori Mancino hanno commentato: «Nel corso del nostro lavoro ci siamo trovati di fronte alla costruzione e alla continua rielaborazione del racconto dell’esperienza individuale di una testimone diretta e di quanti, accanto a lei, non sopravvissero. Un’esperienza condivisa con studenti di diverse fasce d’età e di diversi indirizzi scolastici che, spesso, hanno ripreso ciò che avevano ascoltato, rielaborando le parole di Liliana Segre in modo personale e inviando a lei il risultato».

Nel corso dell’intervista Liliana Segre ha raccontato anche di un episodio risalente al 1995, nel 50esimo della liberazione: «Ero in macchina con mio marito e abbiamo sentito una cronaca in diretta in cui venivano descritti la regina d’Olanda e altri che erano lì. Tutti in pelliccia. Siccome io lo so cos’è il freddo, ho detto: come ho fatto bene a non andare. Li avrei obbligati a spogliarsi e avere freddo, perché non si può andare in pelliccia ad Auschwitz. Se uno vuole visitare quel posto, deve avere freddo e anche un po’ fame».