Dopo aver occupato, suo malgrado, le prime pagine dei quotidiani negli scorsi mesi, la senatrice a vita Liliana Segre torna a parlare dopo diverso tempo dialogando sul coronavirus, i senso di unità di questo tempo e i gravi sacrifici che il popolo italiano ha dovuto e dovrà sopportare nell’emergenza. Nella lunga intervista a “La Stampa”, la senatrice a vita non può che partire, il giorno della Festa della Repubblica, dal discorso accorato tenuto ieri dal Presidente Sergio Mattarella: «nelle sue parole ritrovo la stessa saggezza del Qoelet, l’Ecclesiaste: c’è un tempo per ogni cosa. C’è un tempo per dividersi e un tempo per unirsi».
Il patrimonio di unità raggiunto in questi mesi di lunga crisi sanitaria ed economica non può essere perduto, diceva ieri Mattarella e su questo la senatrice Segre aggiunge un piccolo spunto personale: «rivedo in questo impegno corale del popolo italiano quella ricostruzione che ho visto con i miei occhi subito dopo la guerra, quel desiderio di costruire e di ricostruire, due cose diverse che in quel momento andavano fatte insieme. Occorre quindi unirsi per aiutare le nostre istituzioni a fronteggiare un problema di dimensioni terribili, per il quale nessuno possiede soluzioni certe».
LILIANA SEGRE, “LA SOFFERENZA NON DIVENTI RANCORE”
È però sull’unità politica, valore massimo nella celebrazione del 2 giugno 1946, che Liliana Segre si permette un piccolo distinguo e critica al Parlamento di oggi: «È la questione dello stare insieme per ricostruire. Non lo si può fare nè moralmente, né fisicamente, se non si lavora tutti insieme senza lasciare soli medici e infermieri, quegli eroi che tutti abbiamo conosciuto in questi mesi». Citando la costituente e lo sforzo per arrivare a formare la nuova Costituzione nel Dopoguerra, ribadisce la senatrice a vita, «Che i deputati di allora, uomini e donne temprati da lotte durissime tra loro, pur così divisi seppero raggiungere un’unità d’intenti per fare sorgere la Repubblica e per rimettere in piedi il Paese». La senatrice Segre ammette di non avere piena “speranza” in questa unità – «Forse non tutti ne sono all’altezza, ma credo che tutti debbano sentire forte il dovere di questa responsabilità» – anche perché si tratta di una classe politica “diversa da quella di allora”.
Al netto di ciò, anche osservando le tanti crisi che questo Paese ha superato non con facilità (terremoti, terrorismo, alluvioni e guerre estere) «in tutte queste occasioni, la classe politica seppe capire che andavano sospese le ostilità e andava trovata solidarietà. Spero possa accadere anche oggi». Chiudendo l’intervista a La Stampa, Liliana Segre lancia un appello all’Italia in questo 2 giugno: «Il peso di così terribili sofferenze è comprensibile: c’è chi non ha potuto nemmeno seppellire i propri cari. Ma non bisogna mai trasformare la sofferenza in rancore».