In seguito alla trasmissione Lol, Pasquale Petrolo in arte Lillo è diventato il protagonista di un vero e proprio fenomeno che ha contribuito (e lo fa ancora oggi) a strappare un sorriso con l’ormai celebre tormentone: “So’ Lillo!”. “Gli ultimi sei mesi sono stati una montagna russa, ho accumulato tante esperienze, drammatiche ed esaltanti, che mi bastano per un decennio”, ha raccontato l’attore e comico a Repubblica. Il riferimento è al dramma del Covid, vissuto sulla sua pelle e che lo ha visto a soli 58 anni in terapia intensiva, prima di poter vivere il grande successo grazie al programma di Prime Video, passando poi al palco del Primo Maggio, Un anno certamente intenso e ricco di impegni che non sono ancora terminati, come ad esempio il film Tutti per Uma, prodotto da Vision e disponibile su Sky, che lo vede nuovamente protagonista comico con Pietro Sermonti.



Grazie a Lol, Lillo ha compreso di essere particolarmente amato dai bambini: “una mamma mi ha raccontato che il figlio ha pianto quando sono stato eliminato. Quello dei bambini è un pubblico critico che non puoi ingannare. Ne sono orgoglioso, sono un immaturo e il bambino che sono stato me lo porto dietro”, dice, contento di aver riportato un po’ di risate dopo tanta tristezza.



LILLO, IL DRAMMA DEL COVID: SALVATO DA UN SORRISO

Tra i protagonisti indiscussi di Lol, Lillo ha raccontato la sua evoluzione fino a diventare un comico molto amato: “Eppure da ragazzino non cercavo di far ridere gli amici, ero riflessivo, solitario”. “Quando mamma invitava i figli delle amiche per socializzare era un incubo”, ricorda. L’amore per l’arte comica è nato come spettatore: “leggevo, guardavo i film comici, sul palco sono finito per trasmettere ciò che piaceva a me”. Dopo aver trascorso 26 giorni in ospedale, la sua visione della vita è inevitabilmente cambiata, così come i valori e l’idea di assaporare anche le piccole gioia quotidiane come “il caffè al mattino con mia moglie”. Anche in quella condizione drammatica però è riuscito a estrapolare un momento di comicità, questa volta non nata da lui: “Un infermiere, mio fan, mi aveva chiesto “prima che esci dall’ospedale facciamo una foto insieme”. Quando il primario, vedendomi peggiorato, mi ha detto che mi avrebbero trasferito in terapia intensiva, l’infermiere è rientrato e mi ha detto “facciamolo sto’ scatto, perché magari non torni”. Ovviamente intendeva al reparto, ma quel cinismo involontario mi ha strappato una risata, perfino in quel momento”.

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