Potrebbero tornare a breve in libertà per decorrenza dei termini, gli imputati per l’omicidio di Matteo Vinci, biologo di 42 anni vittima il 9 aprile di un anno fa, di un’autobomba piazzata dalla ‘ndrangheta a Limbadi, provincia di Vibo Valentia. Un caso trattato quest’oggi dalla trasmissione di Rai Uno, “La Vita in Diretta”. Ospiti presso gli studi vi sono i genitori di Matteo: «Non è retorica – le parole della mamma della vittima – ma era un figlio che eccelleva in ogni cosa, è la verità e non lo testimonio io ma tutto il paese, e ovunque è andato a studiare, a Catanzaro, a Messina… La sua testimonianza, quello che ha lasciato, è l’eccellenza della sua vita. Era un ragazzo d’oro a dir poco». Il 26 giugno dell’anno scorso sono stati arrestati i cinque presunti colpevoli dell’omicidio di Vinci, tutti affiliati alla famiglia Mancuso, ma fra pochi giorni potrebbero tornare in libertà per lungaggini e questi burocratiche. «L’udienza preliminare era stata fissata in ritardo di una settimana rispetto ai termini – ha spiegato l’inviato del programma Rai – poi posticipata al 26 giugno, ma se oggi la notifica non verrà depositata, i cinque imputati saranno liberi».
LIMBADI, OMICIDIO MATTEO VINCI: IMPUTATI LIBERI?
«Ci hanno sempre fatto dei soprusi – prosegue la mamma di Matteo – uccidevano le nostre galline, quando morivano le loro pecore le buttavano nei nostri terreni. Volevano impossessarsi della nostra proprietà, ma non comprarla. Una volta ci hanno aggredito in sei persone, è stata la prima intimidazione. La seconda volta nell’ottobre del 2017, mio marito è stato aggredito da solo da due persone». In paese tutti hanno ben in mente cos’è accaduto, senza quell’omertà che si possa presumere, racconta l’inviato de La Vita in Diretta. «Noi ci siamo battuti in maniera strenua affinché tutto vada secondo i termini – racconta il legale della famiglia – altrimenti l’udienza preliminare non si terrà e in automatico il 26 di giugno verranno scarcerati i presunti assassini. Da quel momento risponderanno a piede libero. Noi abbiamo scritto al ministro per fare in modo che possa accertare meglio quanto accaduto». La mamma chiude l’intervista così: «Abbiamo atteso troppo, mio figlio ormai non c’è più, mi gioco il tutto per tutto affinché mio figlio abbia giustizia».