Vivere una quotidiana esperienza della morte, come succede in tempi di Coronavirus sia per tanti direttamente sia attraverso il coinvolgimento mediatico-emotivo, finisce col cambiare il nostro rapporto con la vita e anche i diritti entrano in discussione. Un numero rilevante di persone ha a cuore la vita propria e quella dei propri cari con un’intensità “struggente” e sembra più vera che mai l’affermazione secondo cui la salute viene prima di tutto.



The Economist in un editoriale del 2 aprile scorso sollevava un tema di rilevante spessore etico: la vita, intesa come piena salute fisica, è sempre e comunque il bene più prezioso? La Repubblica risponde convinta: sì. Quello che è sempre stato un sentimento di fondo oggi ci appare “come legge suprema“, scolpita in tutte le forme della comunicazione, nei messaggi istituzionali e le decisioni politiche, diventando senso comune del presente.



Il che richiede piena coscienza del fatto che mettere la salute fisica al primo posto comporta dei costi, sacrificando beni che a loro volta sono assai preziosi, dei quali dunque non privarsi a cuor leggero in nome della salute. Solo nell’emergenza “beni comunque essenziali possono venire limitati”, in base a una attenta valutazione e ad una analisi costi-benefici.

DIRITTI E CORONAVIRUS: MOVIMENTI E PRIVACY

La Repubblica tra questi diritti sacrificabili ma con grande cautela cita per prima la libertà di movimento, messa in discussione da una pretesa di disciplinamento che si traduce in dispositivi di iper-regolamentazione dei comportamenti umani. Ecco poi il diritto alla privacy, insidiato dall’adozione di strategie contro il contagio come la app Immuni, destinata a ricostruire i contatti di chi risulta positivo. L’adozione sarà su base volontaria, tuttavia inciderà in profondità nella sfera privata degli individui e di conseguenza richiede un’attenta considerazione dei possibili rischi.



Le misure che incidono sulla privacy, estendendo la sfera di controllo dello Stato, tendono a indebolire il sistema democratico, con il “conseguente rischio di uno scivolamento verso un regime di sorveglianza di massa“. Il diritto alla privacy impone di non interferire nella vita privata degli individui; la messa in atto del contact tracing permette il controllo sui movimenti dei contagiati per arginare la diffusione del virus. Che rapporto c’è tra i due diritti in gioco?

Le misure devono essere temporanee, proporzionali e graduali, valutando se disposizioni meno invasive siano sufficienti a raggiungere la stessa finalità di prevenzione. La presidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia ha ricordato che tutte le limitazioni “devono sempre essere ispirate ai principi di necessità, proporzionalità, ragionevolezza, bilanciamento e temporaneità”.

DIRITTI E CORONAVIRUS: I RISCHI DELLA SITUAZIONE ATTUALE

I pericoli per lo stato di diritto sono molti. Insidiosa può essere anche la tendenza a sacralizzare la vita intesa come salute fisica, assenza di patologie e malattie del corpo. Tuttavia nel concetto di diritto alla salute, così come interpretato dalla dottrina giuridica, rientra anche la salute mentale.

Nel caso specifico, l’equilibrio psichico dell’individuo costretto in una dimensione come la quarantena che gli era “del tutto estranea, dominata dallo sfilacciarsi dei rapporti sociali e dalla necessità di riorganizzare la propria routine, di intrattenere relazioni diverse con i membri del proprio nucleo familiare, di misurarsi con il tempo vuoto e quello della solitudine”. Questo fa parte dei “costi ineludibili di una strategia di difesa dell’incolumità collettiva”.

L’antropologo Didier Fassin in ‘Le vite ineguali’ dimostra che i governanti di tutto il mondo adottano politiche destinate a tutelare l’esistenza fisica e gli aspetti biologici, trascurandone la dimensione sociale e politica. Ciò causa nel lungo periodo un aumento delle disuguaglianze sociali ed economiche e così la crescita delle sperequazioni finisce con l’incidere su quel bene, la vita fisica e la sua salute, che nelle intenzioni si voleva privilegiare, in un circolo vizioso nel quale aleggia anche il fantasma della depressione economica.