Andate a piedi, in bicicletta, in monopattino o usate i mezzi pubblici, ma l’auto, se l’avete, lasciatela a casa. In sintesi, è questo il messaggio lanciato dal sindaco, Anna Hidalgo, ai parigini e a coloro che arrivano nella capitale francese per lavoro o per turismo.
La notizia che la città ha imposto un limite di 30 chilometri all’ora alle automobili ha fatto il giro del mondo e poco importa che il provvedimento riguardi solo meno del 60% delle strade urbane ed escluda grandi arterie, come, ad esempio, gli Champs Elysees, perché il messaggio servirà anche da viatico ambientalista alla candidatura del sindaco alla presidenza della Repubblica francese.
«Questa non è una misura anti-auto, ma vogliamo limitare i veicoli ai viaggi essenziali», ha dichiarato il vicesindaco David Belliard alla radio Franceinfo, che ha mentito sapendo di mentire. Limiti e divieti finiscono per incidere sulle scelte quotidiane delle persone e anche questo provvedimento, dopo la riduzione dei parcheggi e delle careggiate disponibili, è l’ennesimo chiodo che si mette sulle bare delle automobili private e, in fondo, di uno dei maggiori settori industriali europei che dà lavoro a milioni di persone.
I promotori dell’iniziativa dicono che limitando la velocità a 30 chilometri all’ora si riducono incidenti e rumore. È vero. Però è una evidente contraddizione far andare piano le automobili e permettere ai monopattini elettrici di sfrecciare a più di 20 chilometri all’ora sui marciapiedi. Oppure cercare di ridurre il rumore dei veicoli a motore e mantenere in città vecchi e rumorosi residui del passato come i tram o le strade con il pavé.
Il vero obiettivo del provvedimento parigino, come a Barcellona e in altre grandi città, non è la riduzione degli incidenti e del rumore, peraltro assolutamente marginali. O meglio sarebbe quello se ci fosse un modo per controllare che il limite di velocità fosse davvero rispettato. Ma non c’è, sia per il guidatore, al quale risulta difficile restare sotto la soglia permessa, sia per i vigili urbani che dovrebbero controllare migliaia di strade cittadine. Quello che conta, invece, è il messaggio lanciato: lasciate a casa l’auto, non usatela in città e se potete non usatela per niente.
Per le grandi città, in ogni caso, la strada è segnata. Piste ciclabili, monopattini, parcheggi spariti, mezzi pubblici sempre più affollati e auto bandite, o quasi. La cosa importante sarebbe fare questo passaggio con intelligenza, senza cercare di strafare e avendo in testa l’obiettivo di migliorare la qualità della vita delle persone. Bisognerebbe cercare di bilanciare le esigenze di chi, come molti pendolari, non può fare a meno dell’automobile con quelle di chi ha poca strada da fare perché magari abita in centro città o può disporre di un mezzo pubblico frequente vicino a casa.
Un’impresa impossibile se, invece, si vuole solo marcare la propria identità ambientalista.