CHI È LINDA GIUVA, MOGLIE DI MASSIMO D’ALEMA ED EX FIRST LADY
Meno nota pubblicamente, Linda Giuva è stata una First Lady, perché è la moglie di Massimo D’Alema. In realtà, nel mondo universitario del nostro Paese è molto più di questo, essendo infatti una archivista, professoressa e consulente di vari progetti e fondazioni. Dunque, ha maturato un curriculum di tutto rispetto, con studi di archivi dei partiti politici, oltre che delle singole personalità, e nel campo dell’innovazione applicata alla gestione documentale della pubblica amministrazione, ma ha anche prodotto diverse pubblicazioni, in particolare sulla politica e l’archivistica.
Dunque, è un argomento che li ha uniti. A proposito della loro unione, dal matrimonio sono nati due figli, Giulia e Francesco. Ma in comune hanno anche la passione per il vino, visto che Massimo D’Alema e sua moglie Linda Giuva sono anche proprietari di un’azienda agricola. Risale al 2012 l’imbottigliamento del loro primo vino rosso, poi questa attività è confluita nell’azienda con cui l’ex premier svolge le sue attività di consulente.
LINDA GIUVA TRA POLITICA, VINO E LAVORO
Sono poche le interviste di Linda Giuva, che però nel 2017 ai microfoni di Monica Setta sulle colonne di Tiscali confessò la delusione politica avuta dal marito per la volubilità dei rapporti umani e la difficoltà di rendere eterne le amicizie con chi combatte le stesse battaglie politiche. In quell’occasione raccontò la sua visione politica, che è dal basso, solo per quella nutre una grande passione, perché è fatta di speranze e battaglie per costruire un mondo migliore.
La moglie di Massimo D’Alema non ha mai smesso di credere nella politica, ma ha ritenuto opportuno tenersi a distanza. Originaria di Foggia, quindi pugliese, ha raccolto la sfida di trasformare delle terre tra Narni e Otricoli in una realtà vitivinicola. Lei però si occupa della parte amministrativa e della comunicazione.
La scelta del nome è un segno del destino, perché l’azienda rilanciata si chiama Le Madeleine, quindi non le hanno cambiato nome in omaggio a uno dei libri di Proust su cui avevano discusso all’inizio della loro relazione. Pare che sia stata lei a voler investire in questo settore, ma lei smentì, spiegando di essersi lasciata trascinare in questa nuova avventura. Femminista e militante anche lei nel Pci, rivendicò i suoi valori di sinistra, per i quali non scende a compromessi.