Per ridurre a una sensazione il passaggio dalla Singapore dove già si vive il futuro alla realtà dell’India di oggi si potrebbe sintetizzare che da una società digitale si torna a quella analogica, ma sarebbe riduttivo visto che l’India cresce, anzi corre. Si parla poco dell’India salvo che per qualche catastrofe, eppure questo immenso paese ha superato la Cina per numero di abitanti (gli indiani dovrebbero essere arrivati a circa un miliardo e 428 milioni) e dalla tredicesima potenza economica mondiale che era venti anni fa ha raggiunto la quinta posizione nel 2022. Ora è balzata al terzo posto dopo USA e Cina, superando Germania e Giappone e mantenendo il più alto e costante incremento del PIL al mondo.



Dal 2014 l’India è cresciuta del 7% l’anno (del 9% nell’ultimo biennio) e anche se gli oppositori di Modi parlano di dati ufficiali più o meno gonfiati il cambiamento in corso è effettivamente immenso. Se pur si accalcano nelle baracche ancora centinaia di milioni di poveri, ormai nessun indiano – salvo calamità eccezionali – soffre la fame e questa è stata la grande vittoria politica ed economica del premier Narendra Modi, un settantatreenne “ganchi” (casta povera nella società indiana) già leader dello stato del Gujarat, ai confini con il Pakistan.



In una democrazia sostanzialmente funzionante e che da ormai 75 anni è la più grande del mondo, Modi è il leader del “Partito Popolare” considerato di destra e nazionalista, vicino ai movimenti induisti più tradizionali rispetto al Partito del Congresso (quello della dinastia dei Gandhi) tendenzialmente più a sinistra. I due partiti maggiori rappresentano però solo circa il 70% dell’elettorato e quindi al governo vi è sempre una coalizione con partiti locali e religiosi, fonte spesso di tensioni. Modi ha portato avanti con forza una politica liberista privatizzando molti servizi anche essenziali e rilanciando una economia di mercato che ha rafforzato la classe più abbiente (individualmente anche super-ricca) tagliando – secondo l’opposizione – la spesa sociale, ma comunque elevando nettamente la ricchezza generale.



Sempre più spregiudicato in politica estera, Modi si pone come leader dei BRICS (Brasile-Russia-India-Cina e Sud Africa) in un rovesciamento globale nei rapporti tra le potenze nel mondo. Come è cambiata l’India di oggi! Anche se arrivando ritrovi gli stessi poliziotti corpulenti e lo scanner dei passaporti elettronici è tenuto insieme dal nastro adesivo, ti accorgi subito che tutto è diverso anche solo rispetto a 10 anni fa. Io poi ricordo bene ancora l’India degli anni ’80, dove le uniche auto erano le nostre obsolete 1100 Fiat prodotte con le linee dismesse di Mirafiori e una miriade di biciclette sciamavano ovunque, mentre oggi il traffico è un caos impazzito in uno smog da togliere il fiato nonostante i lavori pubblici imponenti per tentare di migliorare la viabilità.

Immutabili sembrano solo i milioni di motocarri Piaggio che – spesso attrezzati a taxi – trasportano tutti e di tutto. È difficile spiegare cosa significhi la realtà quotidiana di una città come Nuova Delhi di ormai 31 milioni di persone, oppure di Mumbai (già Bombay) che ne ha “solo” 20, seguita dai 14 di Calcutta o dai 12 di Bangalore: l’idea del formicaio impazzito è riduttiva. La Federazione indiana (28 stati e 8 territori) è un cosmo incredibile di religioni diverse, 22 lingue ufficiali, con una maggioranza induista (79%) ma anche con il 14% di musulmani che in alcune zone del paese sono quasi maggioranza e poi buddisti, animisti, sikh e quasi 50 milioni di cristiani concentrati soprattutto in Kerala, Goa e nel sud del paese.

Il reddito medio ufficiale sfiora gli 8.000 euro l’anno, ma è questo un dato controverso e poco significativo se si pensa alle enormi differenze tra le diverse aree del paese. A New Delhi il reddito é cinque volte quello degli stati rurali, con relativo aumento dei prezzi dei prodotti di base. Anche per questo si assiste ad un endemico fenomeno di emigrazione interna e verso le comunità indiane all’estero che da sempre, in Asia e nel mondo, detengono spesso il monopolio del commercio e delle intermediazioni. L’economia indiana cresce robusta e si regge sui consumi domestici e quindi la nuova ricchezza è soprattutto destinata al cibo, agli elettrodomestici e ai veicoli il che comporta però un aumento vertiginoso dei consumi energetici.

Qui scatta uno snodo fondamentale dell’India che per crescere ha bisogno di energia e soffre sempre di più per un inquinamento spaventoso. I combustibili fossili producono oltre il 70% dell’energia elettrica e l’aria non solo nella capitale è spesso irrespirabile. I fumi delle industrie, della viabilità e di milioni di fornaci per fabbricare mattoni rendono insopportabile la vita in molti centri urbani e, per esempio, la scarsità di acqua potabile si sta facendo drammatica anche per l’inquinamento delle falde. Una tematica che meriterà un approfondimento a parte, ma che condiziona lo sviluppo che deve sempre di più fare i conti con i limiti di un territorio che anche se grande dieci volte l’Italia subisce una pressione demografica di oltre 450 persone a kmq. pur contando anche le inaccessibili zone himalaiane.

Un problema che Indira Ghandi cercò di affrontare con una politica demografica di contenimento forzato che le costò la leadership del paese, ma – anche se il tasso di fecondità si è ridotto di quasi il 50% rispetto al 1990 – gli indiani crescono ancora di quasi l’1% annuo e – migliorate le condizioni igieniche e sanitarie – con la speranza di vita che si avvicina ormai ai 70 anni ci sono sempre più bocche da sfamare. Certamente la società indiana ha infiniti problemi e ai nostri occhi è caotica, spesso assurda, contraddittoria e sempre ai limiti della sostenibilità, ma i caratteri di un popolo si notano anche nella serenità, nel fatalismo. Gli indiani sono alla fine cento popoli diversi ma uniti da una cultura plurimillenaria e sono aperti, moderni, testardi, orgogliosi, ma socievoli e curiosi. Per questo quando incroci l’ennesimo autobus sgangherato strapieno di gente e di bagagli che zigzaga contromano nell’oceano del traffico e dall’interno qualcuno ti guarda, pur nel caldo e sommerso dal vicino una mano ti saluta sempre e – se incroci lo sguardo – si apre comunque a un sorriso.

 

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