Ha qualcosa di odioso e in fondo di ridicolo la campagna scatenata dai ministri spagnoli. In apparenza è contro il governo italiano ma in realtà colpisce il nostro stesso popolo in quanto tale e la sua espressione politica voluta e desiderata. Perché? Da Madrid è partita una specie di guerra preventiva a Berlusconi, prima ancora che compia alcun atto, sulla base di un pregiudizio odioso e, questo sì, razzista. Vorremmo capire chi sono i mandanti. Qualcuno sta di certo in Italia: i corrispondenti dei giornali e delle tivù madrilene hanno fatto festa – ma guarda un po’ – a Marco Travaglio, ospitato come un hidalgo dalla stampa estera a Roma. Di certo non è stata una reazione spontanea, non può essere un caso questo scatto all’unisono di più ministri: chi domanda sia sottoposto a una cura psichiatrica, chi sostiene ci siano intenzioni da pogrom nel seno stesso del nostro esecutivo.
La risposta di Bossi è stata colorita ma giusta: in Spagna si spara contro chi cerca di abbandonare il Marocco e di recarsi nelle piccole enclave spagnole. Ci sono campi spaventosi per gli immigrati clandestini, rispetto a cui i nostri Centri di permanenza temporanea sono un lusso.
Ma allora perché questi colpi di bazooka senza preoccuparsi delle conseguenze internazionali e fregandosene dei rapporti bilaterali? La mia risposta è banale: i danée. Humus giornalistico, la mia tesi non fa riferimento principalmente a complotti ideologici, ma al marketing. La Spagna è sempre di più direttamente competitrice con noi nel ramo del turismo e dei prodotti enogastronomici. Ha tutto l’interesse a declassarci a Paese della cattiveria e della non accoglienza. Ingigantire i nostri problemi, mostrare che i nostri governanti non sanno rispondere alla questione della sicurezza se non esasperando i controlli e praticando la xenofobia è una forma di disinformazione funzionale alla vendita delle proprie merci e del proprio marchio.
Ma questo vale anche in relazione al prodotto politico: la Spagna ormai è tra i pochissimi Paesi d’Europa ad essere governati da una coalizione di sinsitra. Alzando la voce contro di noi in modo totalmente gratuito, il governo Zapatero punta a trasformarsi nella Mecca dei diritti umani (presunta, anzi falsa Mecca, ovvio) e nella compagnia di Re Artù, pura e dura, mitologica quasi. Inoltre squalificandoci agli occhi dei Paesi limitrofi tende ad accaparrarsi una primazia nella diplomazia mediterranea europea nei confronti dei Paesi nordafricani e del Medio Oriente in generale. Vuole causare un isolamento di Berlusconi anche rispetto ai governo di centro-destra del resto d’Europa.
Che cosa è accaduto in realtà? A Napoli c’è stato un assalto guidato dalla camorra ad un campo rom. Ci sono state fiamme. Lo spettacolo è stato spaventoso. Ma non c’è stata proliferazione della violenza, nessuna forza politica ha dato il minimo appoggio ad azioni ignobili. Il governo con saggezza accantonerà l’ipotesi del reato di immigrazione clandestina. Per drammatizzare, tutti citano l’intervista a una infelice donna, la quale ha detto dei nomadi: «Magari bruciarli no, ma cacciarli sì». Ma che consenso ha questo modo di vedere gli zingari? Nullo. Tra la gente c’è un senso di insicurezza basata su numeri verificabili e non solo percepiti. Un sindaco del milanese mi raccontava che il passaggio di una carovana rom, che ha sostato un mese in un comune vicino, ha moltiplicato di dieci volte i furti nelle case. Non è difficile vedere una connessione. Non affrontare la questione, non giudicare le cose insieme coi rappresentanti di queste tribù e clan, significa anche far del male ai rom, consentire che i loro bambini crescano pensando al delitto come ad una cosa normale, purché sia nei confronti degli “altri”, i non-rom. È un discorso razzista, xenofobo, questo? Proprio no. Semmai fa paura la cecità di chi non vuole si affronti la questione, in nome del multiculturalismo che ci condanna ad una guerra fredda di bassa intensità e ad alta tensione sociale.
Occorre spegnere quegli incendi di tipo napoletano con mitezza determinata. Certezza nelle cose da fare, certezza nelle pene. Certezza che non esiste alcun popolo dannato dal proprio sangue o dalla cultura atavica. Ci si può integrare, ma il delitto non può essere integrabile. I bambini sì. Ma chi non lavora neppure mangi.