Alcune note sullo sciagurato ma istruttivo discorso di Massimo D’Alema al convegno della Fondazione Italianieuropei. Tema “Religione e democrazia”.
D’Alema sostiene: «La tentazione del potere è demoniaca e sempre, nella storia della Chiesa, è stata all’origine di misfatti di cui Giovanni Paolo II ha dovuto chiedere perdono».
1) Interessante questo fatto. L’ex premier e ministro degli Esteri, ed ex comunista, si è sempre dichiarato coerentemente ateo. Ora apprendiamo che se non altro crede nel diavolo. Non è uno scherzo linguistico. Affermare la personalità del male, ciò che è sotteso al termine “demoniaco” è qualcosa che apre scenari di dialogo teologico. Come si può non credere in Dio, pur osservando la totale gratuità della nostra esistenza, ed invece risalire a una personalità originaria e maligna constatando i guai fatti dall’uomo?
2) In realtà D’Alema parte da un presupposto non dimostrato, molto poco razionale, in pieno contrasto con il dato d’esperienza umana che persino lui dovrebbe poter verificare in se stesso, pur così superiore alla media dei mortali: e cioè che esiste il cuore. Esistono desideri originari. D’Alema non li riconosce. Parte dall’idea che la Chiesa sia una centrale ideologica. Una sorta di agenzia idonea per rispondere a bisogni spirituali più o meno indotti. Chi sia Gesù Cristo non lo riguarda. E questo è tremendo: analizzare il rapporto tra religione e democrazia senza prendere sul serio l’identità non delle religioni in generale, ma di quelle storiche, di quelle (come la cristiana) che hanno di fatto fondato l’idea di libertà e dunque di democrazia, è una perla di presunzione saccente.
3) D’Alema riduce dunque alle misure della sua storia politica la storia delle religioni. Dimentica che è stato il cristianesimo a fondare la laicità, ed insieme la possibilità, in nome di un ideale più grande, di criticare il potere. Ed è ciò che precisamente ha fatto Wojtyla e sta facendo Ratzinger. Esiste un Dio nella storia, amico degli uomini e della loro libertà, che critica la pretesa delle ideologie e degli uomini servi di esse che pretendano di salvare gli uomini. Per questo Giovanni Paolo II ha chiesto perdono: non perché “doveva” farlo. Ma perché ha confessato la miseria degli uomini, di tutti, anche di coloro che riconoscono Cristo come Signore. Solo questa umiltà garantisce dall’uso del potere demoniaco.
4) D’Alema non ha rinunciato, finito il comunismo, ad una sorta di “utopia non conclamata” (copyright di Angelo Scola) per cui certi uomini hanno lo strano dono di poter giudicare tutto e condurre l’umanità verso il bene, situandosi sopra un alto monte, superiore alle religioni storiche.
5) C’è un dato di verità in quanto sostiene D’Alema. Le forze politiche di centro-destra hanno saputo essere riferimento culturale di molti contenuti che stanno a cuore alla Chiesa cattolica. C’è davvero una riscoperta diffusa della tradizione cristiana, almeno come nostalgia. E questo in contrapposizione a un relativismo spesso anticlericale e sempre anticattolico che si è incistato nella sinistra. Ma questo non significa affatto che il cristianesimo si riduca a questo e nemmeno che la Chiesa – nei suoi vertici gerarchici – si accomodi e trovi compromessi che ne affloscino l’impeto missionario e di critica continua del potere in nome della libertà. Chi ha buoni occhi lo vede…
6) La risposta dei cattolici compagni di partito di D’Alema ha aspetti patetici. Cercano di sostenere che D’Alema si sbaglia perché loro (Fioroni e Bindi ad esempio) sono cattolici, in buoni rapporti con la gerarchia, e sono nel Pd. E che basta dare più forza a loro nel Pd per catturare più cattolici, praticanti o no. Dopo di che la critica al centrodestra perché ha punito i “cattolici impegnati in politica” non assegnando ministeri a Pisanu e Formigoni. Con ciò Fioroni e Bindi ricadono nello stesso vizio di cui accusano D’Alema: di misurare cioè la forza del cristianesimo dalla sua capacità egemonica nel senso di posti e ruoli.
7) A me, a noi, interessa che un governo lasci spazio e sostenga la libertà personale e associata, in sostanza la libertà della Chiesa e per analogia di ogni compagine che raduni uomini in nome di un ideale. Il resto è roba vecchia. O, per dirla con D’Alema, “demoniaca”.