I fatti dell’Università La Sapienza di Roma sono gravi. D’accordissimo. Bisogna intendersi bene su quali fatti però.
Li riepilogo.

1) Un gruppo di estrema destra, Forza Nuova, chiede di tenere un convegno sulle foibe, dove relatore sarà eurodeputato Roberto Fiore. Il permesso è accordato. Poi – dopo le minacce di alcuni collettivi politici – il rettore ritira il suo consenso e vieta il raduno «per evitare violenze», sostiene.

2) Dopo il divieto, il giorno fissato per la riunione, si scontrano militanti di estrema sinistra e di estrema destra. Gli arresti e i feriti sono distribuiti equamente tra le parti. Le ricostruzioni sulle responsabilità e su chi abbia cominciato i pestaggi si dividono. Certo è che se il rettore voleva evitare incidenti è riuscito invece a innescarli.

3) Veltroni cavalca la vicenda, e vede una minaccia alla democrazia; così Minniti in Parlamento si agita e critica il fatto stesso che in università possa aver chiesto di parlare un signore condannato per attività eversive, e che il centrodestra non eccepisca su questo presunto diritto. Insomma: torna l’allarme e viene teorizzata di nuovo nel linguaggio della sinistra (basti leggere il linguaggio di Repubblica e dell’Unità) la vigilanza antifascista come collante dell’identità sparpagliata del Partito democratico.

Spunti per un giudizio.
I fatti sono gravi. L’1, il 2 e il 3! La violenza mai, da qualunque parte arrivi (e questo vale per 1, 2 e 3). L’aggressione fisica è orribile. Lo è anche il divieto di esprimere opinioni e giudizi su avvenimenti storici ignorati nelle università, segnalando la pericolosità di un’adunanza. Per me è più pericoloso vietare un incontro e la libera espressione di un pensiero, che non consentirlo con ciò attirando gli intolleranti. È un precedente pazzesco. Chiunque può impedire la libertà dicendo che se tu la eserciti ti spacca la faccia. Allora per evitarlo lo Stato chiede di non aprire bocca, con il risultato che la vince il ricattatore. È andata proprio così.

Se Forza Nuova – la cui ideologia ha aspetti inaccettabili e addirittura ripugnanti, non più del comunismo peraltro – chiede di parlare su un tema di rilievo storico e morale, non c’è ragione di nessun tipo perché una Università non possa accogliere il suo contributo. Salvo organizzarne uno di segno opposto. C’est l’Université, mon amour… Al di là della vita universitaria. La libertà di espressione vale per tutti, è incomprimibile, non esiste un uomo che non possa parlare nel foro della democrazia. Se si incrina questo principio ammettiamo la presenza nella società di superuomini arbitri della libertà. Per questo il punto 1 e 3 sono gravissimi. Preoccupa che uomini intelligenti e sicuramente amanti della libertà come Veltroni e Minniti cedano per amore di propaganda politica ad incrinare un principio liberale inderogabile. Solo l’incitazione all’odio può essere oggetto di repressione, mai però sulla base del pedigree delle persone, qualunque idea, persino aberrante, si suppone abbiano.

Colpisce un’altra cosa. Con tutto questo cancan si è riusciti a non parlare di foibe. Minniti alla Camera in un intervento di 5 minuti pieno di passione e moniti è riuscito a non pronunciare una parola che pesa sulla coscienza (anche) del suo vecchio partito comunista. Brucia qualcosa dentro la memoria?