Quanta tristezza c’è a scrivere ancora oggi di Eluana. Mi rendo conto: chi ne scrive può farlo senza sprofondare solo se è disponibile a dare la sua vita per lei. Io non so. Però lo desidero. Non per altruismo, ma perché questo è ciò che mi è stato insegnato dall’unico in cui c’è speranza, e non spreco altre parole.



Ora sta prevalendo questo discorso: l’invocazione del silenzio. Eluana ha diritto al silenzio. Lo si rivendica quasi con rabbia, come se chiedere di non lasciarla uccidere sia una violenza sul corpo inerme di lei.
Bisogna stare attenti a questi discorsi suggestivi. È necessario avere il coraggio con semplicità di reclamare il diritto di dar voce a lei che non ha voce. Amplificando le parole delle persone che dedicano a questa ragazza, da anni, il loro tempo, la loro tenerezza, accarezzandola, nutrendola. Sono le suore di Lecco. Bisogna rendersi conto che quando si chiede di staccare la spina, di eliminare la macchina in realtà non si vuole strappare un filo elettrico, togliere elettricità ad un marchingegno elettronico, ma solo tagliare via le mani che si accostano a Eluana, le frizionano la schiena, la portano a prendere un po’ di sole.



L’umanità, il rapporto d’amore non proclamato sentimentalmente, ma vissuto nelle ore e nei giorni, è quello che nel caso di Eluana viene denominato falsamente accanimento terapeutico.
Dinanzi a questo anche Berlusconi chiede che si faccia una legge. Non lo ritengo necessario, anzi temo si risolva in una corrida dove alla fine il toro sarà infilzato, ed il toro sono i malati senza coscienza apparente, ridotti – come si dice – allo stato vegetativo, per cui sarà consentita l’eliminazione.
Che cosa serve una legge? Basta oggi quella che dice: non uccidere.

Colpisce che personalità di destra e di sinistra la pensino in maniera simile: vuoi per difendere Eluana da chi vuol strapparle il cibo e l’acqua, vuoi per sostenere la necessità che la si faccia finita con un corpo che non c’entrerebbe più nulla con la ragazza. Tra coloro che la vorrebbero già in agonia, prevale una strana concezione spiritualista o dualista. Per cui esisterebbe una Eluana che non c’entra con il suo corpo, una Eluana spirituale che è già morta, e che è la proprietaria di un corpo indipendente da lei, e siccome lei se n’è andata lo si può seppellire o cremare, tanto lì non c’è Eluana.



In realtà noi siamo il nostro corpo. Siamo più grandi di esso, abbiamo desideri infiniti, ma noi su questa terra siamo questa faccia, questa voce: non esiste l’io se non situato dentro la carne, se non fatto carne. Così come Dio non aveva un corpo a prestito, ma era quel grumo di sangue nel seno di Maria. Non c’è bisogno di essere cattolici per riconoscere questo dato di realtà.
O se proprio non riesci ad accettare questo, e cioè che Eluana sia ancora questo corpo, e che la sua dignità non sia legata alla coscienza (apparente) ma al fatto che è una persona! Comunque sia capace di intendere e di volere! Ella è in stato vegetativo apparente, ma non è un vegetale!

Se non accetti questo, come ha scritto sul Tempo Giorgio Stracquadanio, e se hai il dubbio, e non capisci, e non sai che cosa sia davvero quello che è sotto i tuoi occhi; nel dubbio che dietro il cespuglio ci sia un uomo o un coniglio, magari un dubbio piccolissimo, non sparare è la cosa più razionale, non uccidere resta un imperativo senza se e senza ma.