Benedetto XVI domenica scorsa ha proposto all’Angelus una sua breve riflessione a partire dalle letture della Messa. Ha detto: «La Parola di Dio ci offre l’opportunità di riflettere sull’universalità della missione della Chiesa, costituita da popoli di ogni razza e cultura. Proprio da qui proviene la grande responsabilità della comunità ecclesiale, chiamata ad essere casa ospitale per tutti, segno e strumento di comunione per l’intera famiglia umana. Quanto è importante, soprattutto nel nostro tempo, che ogni comunità cristiana approfondisca sempre più questa sua consapevolezza, al fine di aiutare anche la società civile a superare ogni possibile tentazione di razzismo, di intolleranza e di esclusione e ad organizzarsi con scelte rispettose della dignità di ogni essere umano! Una delle grandi conquiste dell’umanità è infatti proprio il superamento del razzismo. Purtroppo, però, di esso si registrano in diversi Paesi nuove manifestazioni preoccupanti, legate spesso a problemi sociali ed economici, che tuttavia mai possono giustificare il disprezzo e la discriminazione razziale. Preghiamo perché dovunque cresca il rispetto per ogni persona, insieme alla responsabile consapevolezza che solo nella reciproca accoglienza di tutti è possibile costruire un mondo segnato da autentica giustizia e pace vera».
Dinanzi al Papa che dice cose così dure eppure così piene di speranza, che fare? Si può tranquillamente impugnarle e picchiarle in testa al prossimo. Lo hanno fatto tanti in questi giorni. Non è difficile. C’è chi è giunto a ritenerle una sorta di risarcimento a Famiglia Cristiana dopo la presa di distanza severissima del portavoce padre Federico Lombardi dopo l’accusa di fascismo lanciata al governo. Ci è voluto poco a fare questa sillogismo. Famiglia Cristiana vede il fascismo nell’azione di Berlusconi; il fascismo era razzista; il Papa condanna il razzismo; il Papa è d’accordo con Famiglia Cristiana nel giudicare fascista Berlusconi. Ovviamente è un sillogismo falso, è un discorso però che subliminalmente è avanzato nei titoli di giornale e attraverso le interviste contrapposte. Gli uni attaccano: l’Italia di Berlusconi è fascista; gli altri a replicare: non c’entra, parlava del pianeta intero.
Porsi in questo modo difensivo e predatorio dinanzi a questo invito di papa Ratzinger significa buttar via un’occasione eccezionale. Quel che Ratzinger dice non è essenzialmente e prima di tutto la condanna del razzismo, ma il fatto che l’impossibile è accaduto. L’ingresso di Cristo nella storia consente l’altrimenti impossibile convivenza tra gli uomini nella pace. Questo è il messaggio primo e decisivo.
Allora diventa possibile ascoltare con animo contrito, disponibile cioè ad accettare che quel giudizio sul peccato di oggi riguardi noi. Non come vittime, ma come attori del male. Perché il male è superato dall’esperienza cristiana che vince il razzismo. Per questo è interessante l’atteggiamento manifestato nell’intervista a Il Corriere della Sera dal vice presidente della Camera Maurizio Lupi, il quale non si è nascosto dietro il paravento della vastità del mondo, ma ha proposto a se stesso un esame di coscienza.
Nessuno mai – ed io non mi tengo fuori – che si lasci toccare dagli argomenti del Papa guardando la loro origine senza cui non sussisterebbero, e Benedetto XVI non avrebbe motivo di essere nella gioia costantemente com’è: ed è l’annuncio dell’uomo nuovo e di una comunità nuova dove nessuno è più estraneo all’altro.
Per quanto riguarda il giudizio che cade sulla politica dalle parole del Papa sul rischio del razzismo, la mia tesi è questa. Il razzismo c’è anche in Italia almeno come possibilità reale. Ce l’ho anch’io. Sta in me come istinto. Questo però non ha nulla a che fare con le leggi del governo Berlusconi. Promuovere la sicurezza vuol dire infatti perciò stesso ridurre gli spazi al razzismo, che si alimenta nel caos. L’ideologia di questa maggioranza di governo, se mai ideologia è, sta in totale sintonia con la cultura cristiana che non accetta in nessun modo l’esclusione del debole. Ci ricordiamo bene cosa ci hanno insegnato le mamme e le nonne. Dar da mangiare all’affamato. Ci hanno anche sempre spiegato di non lasciar spazio alla malvagità e a chi non rispetta ciò che ami. E aggiungevano: chi non lavora, neppure mangia. Questa è esattamente, o almeno vorrebbe essere, la politica del centrodestra.
Promuovere la sicurezza, mettere in ordine le città, togliere oscurità ed eliminare il sottobosco nei campi nomadi, significa preservare i minori e il loro diritto alla scuola e all’identità personale, ma anche togliere alibi ad ogni razzismo. Vuol dire spargere l’erbicida più efficace perché la gramigna razzista non attecchisca e non abbia modo di adornarsi di teorie infami. E possa svilupparsi in pace il lavoro di chi testimonia un’altra possibilità – quella cristiana, l’unica davvero umana che si conosca – di vivere insieme e di volersi bene tra gente diversa.