Invece di fare l’arbitro di una possibile guerra civile, Napolitano ha scelto di impedirla. Queste ultime settimane hanno infatti visto un’accelerazione spaventosa delle pratiche di procure estremiste mosse dalla volontà di stabilire il primato della magistratura sul potere legislativo e su quello esecutivo. Una vecchia storia, che aveva avuto prima di questo 2009 la sua acme negli anni dal 1992 al 1994. Allora la brigata dei pm di Milano, radunata intorno al nome autocelebrativo di Mani pulite, riuscì a dominare la politica, decidendo la sorte dei governi. Al momento decisivo però dovette mettere nel cassetto i propri disegni di potere perché il popolo sovrano, quando si trattò di votare, decise in modo diverso da quanto preventivato dalle toghe. Traduco: il pool di Tangentopoli voleva portare i comunisti al governo, dopo averli salvati dal naufragio che travolse Dc e Psi. Arrivò inaspettatamente Berlusconi, e vinse. Al che i medesimi magistrati non gliel’hanno perdonata.

C’è chi dice gli abbiano cucito su misura 109 processi, i minimizzatori scendono a 19. Ma di certo contro di lui ha agito “Toga continua”. Essa – Toga continua – ha avuto il supporto di editori e giornalisti che, grazie a questo lavoro da portavoce e amplificatore adulatorio e turibolante degli amici pm, ha avuto una carriera sontuosa e ha sentito i propri polpastrelli vellicare il potere vero. Alcuni di questi magistrati sono entrati in politica per fare da perfetta eco alle decisioni del sinedrio di questa autentica casta (anzi, precisiamo, della sua ala politicizzata ed egemone), che non è stata eletta da nessuno, ma si ingrandisce e alimenta per cooptazione, senza controllo dei cittadini elettori.

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Ora in questo 2009 le bombe a orologeria disseminate in questi anni e fin qui evitate da Berlusconi – anzi, diciamo meglio, da chi è stato votato dal popolo – hanno cominciato a esplodere, e se ne preparano di più grosse. Sono parlamentare, e da settimane i colleghi dell’Italia dei valori non fanno mistero di godere di informazioni riservate avute dai loro amici e colleghi pm, i quali sostengono essere assai prossima l’incriminazione del premier per concorso esterno alla mafia, mentre altre accuse sorgono come funghi in un’abetaia, e sul piano internazionale l’Italia è sbeffeggiata per questa sua ostinata determinazione di strapparsi le viscere da sola. Meschini interessi editoriali e finanziari contano di ricavare benefici dallo sconquasso, e persino alleati delle forze di governo sperano di infilarsi nel cataclisma per raccattare qualche moneta d’oro.

C’è un piccolo particolare: tutto questo tramestio mosso ufficialmente dall’amore della giustizia è un golpe. Infatti per cogliere il proprio scopo questa banda di austeri moralisti deve lacerare il cuore della democrazia: deve cioè porsi sopra la volontà del popolo sovrano; esibire un potere che si pretende superiore a quello che l’articolo 1 della nostra Costituzione descrive così: “la sovranità appartiene al popolo”; non dice ai tre poteri, esecutivo-legislativo-gudiziario. Dice: al popolo. E il popolo si esprime con il voto. Il primato della democrazia, la sua natura consiste nell’equilibrio dei poteri regolato da quell’ago che è custodito nella cabina elettorale. Il capo dello Stato è il custode dell’unità nazionale, vigila sulla essenza della democrazia; Per questo con un intervento ammirevole ieri ha ristabilito la gerarchia dei valori repubblicani quanto alla gestione del bene comune.

Trascrivo queste parole persino con una certa emozione: “Va ribadito che nulla può abbattere un governo che abbia la fiducia della maggioranza del Parlamento, in quanto poggi sulla coesione della coalizione che ha ottenuto dai cittadini-elettori il consenso necessario per governare”. Ovvio: le parti in conflitto devono evitare reciproche provocazioni moderando il linguaggio. Ma la frase appena citata fornisce la chiave per interpretare un’epoca e per serrare a doppia mandata ai rapinatori togati l’accesso alla stanza del tesoro democratico.