Esce un nuovo libro del Papa, “Elogio alla coscienza dell’uomo” (Cantagalli), ed è una raccolta di lezioni scritte nel decennio scorso. Le persone attente non troveranno sorprese, erano lezioni già rintracciabili qua e là. Ma le persone davvero attente al mondo e alle domande che il nostro tempo lancia verso il cielo, anche quando crede sia vuoto, resteranno meravigliate. Perché Joseph Ratzinger ha sempre con sé la novità, l’incantevole certezza che il tempo è positivo, la ragione è capace di attingere addirittura Dio (è “capax Dei” come dice Agostino), avendo per sua misura l’infinito.



Questo libro ha un titolo preso dal cardinale Newman, il quale brindava prima alla coscienza e poi al Papa. Perché il primato prima che del Papa è della coscienza. Infatti senza l’io che giudica, che accetta, che obbedisce, dire di sì alla verità sarebbe un atto meccanico, in fondo stupido, indegno dell’uomo. Il razionalismo taglia via dalla ragione proprio la sua dimensione più interessante: l’apertura e il desiderio dell’infinito.  



Inevitabile se si è uomini paragonate la proposta cristiana (qualsiasi proposta) alle nostre esigenze elementari, al cuore in senso biblico, alla coscienza. Non la coscienza comunque la si intenda, che viene fatta equivalere all’istinto, al piacere immediato, ma alla coscienza “retta”, purificata cioè dalle incrostazioni e dai veleni della cultura dominante

Evidente il legame che esiste tra le posizioni dottrinali ed esistenziali di Benedetto XVI e quelle di don Giussani. Così come saranno di grande interesse le riflessioni sul rapporto tra laicità e Stato, sulla difesa della vita, sulla politica che questo libro offrirà a chi voglia cimentarsi con la logica incantevole di Ratzinger teologo e filosofo, non a caso oggi Papa. Il suo tentativo è quello di dare alla dottrina una sua stabilità cattolica, contro il “fumo di Satana” e il “pensiero non cattolico” che secondo Paolo VI era penetrato nelle mura della Chiesa. Ma questa dottrina non è qualcosa da mettere in bacheca o in biblioteca, è una riflessione sull’esperienza, ad essa si lega e ad essa rimanda.



Interessante una affermazione di Ratzinger posta alla base delle considerazioni politiche, come anticipato dalle agenzie: «Lo Stato non è di per sé fonte di verità né di morale», si legge nel testo. Questo concetto riprende in chiave post-moderna il “Sillabo” di Pio IX, là dove viene condannata la proposizione secondo cui sarebbe lo Stato la fonte del diritto.

Da questa impostazione viene eliminata la pretesa di uno Stato etico, che – tradotto in termini moderni – pretende di sancire con una tavola dogmatica dei diritti umani vecchi e nuovi i soggetti degni di partecipare alla libertà democratica, tra cui non può esserci la Chiesa cattolica perché ritiene che non sia un diritto umano, ad esempio, il matrimonio gay (ho personale amara esperienza di questa discriminazione della Chiesa al Consiglio d’Europa). Ma anche viene demolito il falso mito dello Stato neutro. Non può essere neutro, la politica non può promuovere una vuota libertà, non si può essere pilateschi davanti al bene e al male… 

Che questo libro non sia una teoria lo si capisce guardando il Papa oggi. Va in Abruzzo, condivide la vita degli uomini. Obbedisce alla sua coscienza di uomo: guarda la realtà e vi si immerge commuovendosi alla maniera di Cristo dinanzi alla vedova di Naim. Non c’è distanza tra riconoscimento del vero e mossa della carità: appartengono all’unico movimento umano. La verità su cui si regge l’universo non è una formula appresa sui libri, ma una persona che – questa è la pretesa cristiana – è risorta ed è contemporanea, come dimostra lo sguardo del Papa e la sua carezza ai bimbi terremotati, così differente ma così identica a quella del Nazareno, così egualmente bella e commossa.