La Conferenza episcopale italiana, attraverso la prolusione del suo presidente, il cardinal Angelo Bagnasco, ha sollevato il velo sul dolore di tanti in Italia e sulla sua crisi economica che è anch’essa in fondo morale. La disoccupazione è la piaga più seria. Il fatto orribile è la riduzione dei lavoratori in sovrannumero e dunque licenziati a merce fuori corso, a “zavorra”. Zavorra i lavoratori che pagano gli errori di altri! Una conseguenza orribile e ingiusta, per cui la crisi, dopo essere stata provocata dalle speculazioni finanziarie e da chi non ha guardato il lavoro degli uomini come una priorità, ma come una faccenda in fondo fastidiosa, ora continua a regnare salvando la propria pelle e il proprio patrimonio e imponendo ancora una volta le gerarchie dei propri interessi. Dannando cioè gli uomini-lavoratori.

Questo non si fa. Questo va contro l’esperienza e l’insegnamento cristiano. Occorre soccorrere chi è in difficoltà, attivare senza sosta rimedi che nell’emergenza consentano alle famiglie senza lavoro e senza risorse di vivere decorosamente. Il governo ha il dovere di impegnarsi per questo. Il presidente dei vescovi ha affermato che è «improponibile una concezione meramente mercantile del lavoro umano» e ha chiesto attenzione in modo particolare ai precari, lavoratori per i quali «gli ammortizzatori sociali sono davvero modesti».

Quindi, la tuteladella vita, in ogni momento: «Non c’è contraddizione tra mettersi il grembiule per servire le situazioni più esposte alla povertà e rivolgere ai Responsabili della democrazia un rispettoso invito affinché in materia di fine vita non si autorizzi la privazione dell’acqua e del nutrimento vitale a chi è in stato vegetativo. È una questione di coerenza».

Il cardinale Bagnasco si sofferma con queste parole sulla politica immigratoria del governo: «Se la sovrapposizione con la campagna elettorale non ha sempre assicurato l’obiettività necessaria ad un utile confronto, non può sfuggire il criterio fondamentale con cui valutare questi episodi, al di là delle contingenze legate allo spirito polemico o alla stagione politica. Ossia il valore incomprimibile di ogni vita umana, la sua dignità, i suoi diritti inalienabili». Al diritto a vivere dignitosamente nel proprio Paese, esiste anche il diritto ad emigrare, e la risposta non può essere solo «di ordine pubblico» e nemmeno di un «malinteso multiculturalismo». Agli attraversamenti del Mediterraneo, «le nostre autorità hanno risposto con la controversa prassi dei respingimenti, già sperimentata in altre stagioni come pure in altri Paesi».

Come si osserverà ho riportato i passaggi decisivi, senza edulcorare.
Non posso prescindere da ciò che sono, dal compito che ho: ed è di essere deputato del Popolo della Libertà, mentre desidero essere cattolico infante e obbediente.

La mia reazione al momento è stata quella di difendere innanzitutto me stesso e la mia parte politica, prevedendo le strumentalizzazioni che ne sarebbero state fatte dalle varie parti politiche. Naturale. Forse scontato. Ma la vera questione è di mettersi in sintonia con il cuore del presidente dei vescovi, che sulla questione del lavoro ha ripreso le parole del Papa a Cassino domenica scorsa.

Si tratta allora di partire dal punto forte: il valore della persona. E allora il riferimento per me è constatare come noi politici più che mai dobbiamo lavorare in sintonia con l’esperienza di chi nella società costruisce cose buone nel campo dell’economia e del lavoro, ascoltare le loro richieste alla politica, far sì che il governo sia il più possibile adeguato a questo slancio di bene comune.

Oggi vuol dire mettere al primo posto la persona e il suo lavoro per il bene della famiglia. Premere sulle banche perché tolgano il laccio dal collo della piccola e media impresa. Sburocratizzare le amministrazioni pubbliche. Dare fiato e risorse alla parità scolastica da cui può venire un’educazione che consolidi un tipo d’uomo per cui al primo posto ci sia la realizzazione della propria vera umanità.

Guai a usare le parole dei vescovi pro o contro la propria lista politica. Giudicheranno i cittadini. Cero è importante la chiarificazione fornita dal segretario della Cei, monsignor Mariano Crociata: «Non siamo un soggetto politico che deve dare patenti o riconoscimenti a nessuno: siamo un soggetto pastorale, che se coglie un problema o una difficoltà la segnala cercando di mettersi in gioco. Non dicendo soltanto cosa si dovrebbe fare, ma sforzandoci di fare la nostra parte, con gli strumenti e le risorse che abbiamo, perché la nostra coerenza non venga mai meno». «La perdita del lavoro» è il caso più serio oggi: «Una realtà che è dinanzi ai nostri occhi, ma nei confronti della quale – non vogliamo dire che il governo non ha fatto niente: sarebbe una menzogna o una strumentalizzazione scorretta». Ha proseguito: «il nostro compito è vedere la realtà sociale ed invitare, richiamare l’ esigenza che i bisogni ancora presenti, e non trascurabili, della popolazione siano posti all’attenzione pubblica». Tutto questo è materia di una responsabilità grave. Cui non si risponde con una tecnica, anzitutto, ma con l’adesione piena al luogo dove più questi bisogni dell’uomo sono condivisi con passione…