In questo giorni Dario Franceschini ha detto due cosette: 1) l’Italia è come l’Uzbekistan. 2) L’Italia sta riproponendo le leggi razziali.
Se un leader politico democratico e professandosi moderato afferma queste gravissime accuse contro il governo del suo Paese, come minimo vuol dire che c’è un tiranno, una specie di Hitler al potere. Che dovrebbe fare il popolo? Siccome Dario Franceschini è un cattolico democratico mi aspetto pure una citazione di san Tommaso là dove giustifica il tirannicidio. Stiamo scherzando? No, è proprio il momento in cui stiamo vivendo ad essere così pazzesco da permettere a una persona fino a un attimo prima ritenuta sensata di gettare il sasso di una guerra civile senza ragione alcuna salvo la propaganda.
La legge sulla sicurezza può benissimo essere criticata. La democrazia è qui apposta. Ci sono discussioni anche nel Popolo della Libertà. Molti punti interessanti. Altri discutibili. Il ministro Maroni ha ascoltato, cambiato, migliorato. La lotta contro l’immigrazione clandestina è delicatissima. Deve tenere insieme il bisogno di ordine e il rispetto delle persone. Chiunque esse siano. Il rispetto delle leggi dello Stato e dei nostri confini, insieme al valore dell’accoglienza. La politica è tenere insieme tutto questo, l’equilibrio è il rischio di chi governa.
Controllare l’immigrazione significa impedire un’esplosione sociale. La sinistra più sensata e raziocinante lo ammette. In Europa i socialdemocratici e i laburisti quando hanno la responsabilità di questi flussi non hanno la mano leggera. Anzi, spesso e volentieri, come accade in Spagna, per impedire l’ingresso nelle enclave di Ceuta e Melilla, l’ordine impartito alla polizia e prontamente eseguito è di sparare; addirittura il mitico eroe di sinistra Zapatero ha dato disposizioni alla polizia nazionale di Madrid, fornendo quote prestabilite di arresti selettivi da effettuare settimanalmente in ogni distretto a carico di immigrati irregolari con il loro successivo rimpatrio collettivo. È previsto pure il pattugliamento preventivo delle rotte dei migranti clandestini, ma per fare che, non è chiaro: di certo nel disegno di legge di riforma della “Ley de Extranjeria” e negli accordi internazionali sull’immigrazione clandestina, quali il recente accordo franco-spagnolo, sono contenute norme più severe.
Franceschini lì sta tranquillo, la sinistra europea concorda, nessun Uzbekistan, nessuna legge razziale. In Italia l’adempimento delle disposizioni europee per cui si trattengono i clandestini nei centri di identificazione ed espulsione per alcuni mesi (molto al di sotto del limite di 560 giorni che l’Unione Europea prevede) è in realtà niente affatto dispotica, purché – è ovvio – la qualità di questi siti sia dignitosa e vivibile. Le ronde di volontari non hanno niente di orribile, sono il tentativo di coinvolgimento della società civile per rendere la sicurezza qualcosa di familiare (guai a renderla partitica e punitiva).
Il fatto che la clandestinità sia considerata un reato non è una condanna alla criminalità per dei povericristi: la pena è un’ammenda, non il carcere, ed è funzionale alla deterrenza di quel commercio di esseri umani, che sta dietro questi tragitti per mare.
Non c’è più la punizione dei figli dei clandestini, cui sarebbe impedito l’ingresso nella scuola dell’obbligo, né si introduce in nessun modo la denunzia da parte dei medici di chi si rivolga alle cure ospedaliere. E dunque dove sta il razzismo? Nessuno vuole sbattere fuori i richiedenti asilo, i minori avranno una tutela assoluta. E allora, perché questa acrimonia?
La follia della politica dei leader democratici può davvero incendiare questo Paese già provato dalla crisi. Occorre saggezza, è necessario un lavoro come quello ammirevole dell’Intergruppo per la sussidiarietà, dove gente di ogni gruppo affronta la realtà invece dell’ideologia. Bisogna finirla con questo bipolarismo rusticano.