Il 30 marzo è una brutta data. È il giorno in cui occulte forze ministeriali e burocratiche hanno tirato una pugnalata al non profit e alle onlus oltre che alla stampa specie cattolica aumentando del 500 per cento le tariffe postali fin qui calmierate. Qui si propone un appello. Molto umile ma tenace. Tremonti ripensaci. Berlusconi e Bonaiuti mettete mano alla pratica. Gianni Letta raddrizza l’ingiustizia.

Amici cari, per favore, applicate nella pratica politica quanto sostenuto da sempre, e cioè che la ricchezza di questo Paese sta nell’iniziativa libera delle persone che si organizzano, anticipano lo Stato e arrivano dove altrimenti non giungerebbe nessuno. E ora invece che fate? Volete impedire che queste persone e società benemerite (le onlus ad esempio) scrivano e mandino pacchi postali a quelli di cui non si ricorda nessuno? Che non inviino più il giornaletto alla famigliola o alla vecchina a poco prezzo, perché è un lusso che l’Italia secondo voi non può più permettersi? Ma via, andiamo.

Meno autoblù (scusate la demagogia) e più francobolli per alimentare la speranza. Questa è la nostra idea, e questa è una ragione per cui nel mio piccolo aderisco all’appello promosso da Vita.it. Non è una richiesta corporativa, ma una richiesta del corpo vivo dell’Italia. È successo questo. Il Governo ha varato e già fatto pubblicare in G.U. un decreto ad effetto immediato che cancella le tariffe postali agevolate. Il testo dice: «Le tariffe agevolate per le spedizioni di prodotti editoriali di cui ai decreti ministeriali del 13 novembre 2002 e del 1° febbraio 2005, continuano ad applicarsi fino al 31 marzo 2010»: questo il sintetico testo dell’art. 1 del decreto, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 31 marzo.

Qualche esiguo margine di soluzione si può intravvedere nel secondo ed ultimo articolo del decreto: «Con successivo decreto potranno essere determinate tariffe agevolate per i residui periodi dell’anno 2010, in caso di sopravvenuto accertamento di disponibilità finanziarie nell’ambito del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri». Io credo a queste promesse. Resta il fatto che si crea un buco temporale, un’incertezza, l’impossibilità a programmare entrate e uscite per il settore più delicato che esiste perché in genere si occupa di poveri. I quali sono una (non) merce molto deperibile.

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Peggio della cattiveria c’è la stupidità, la trascuratezza in fin dei conti cinica delle burocrazie, le quali quando possono tagliano dove i colpiti hanno poche armi per resistere e che per cultura non praticano il ribellismo, non bloccano i centri cittadini con il tamburo di latta, non hanno a disposizione trattori e Tir da spedire sulle autostrade.

Direte: quanta scena per una storia di postini. In apparenza, è vero, abbiamo parlato di poste e di francobolli, dell’aumento delle tariffe per spedizione di giornali e di comunicazioni tra associazioni onlus e no profit (ad esempio per reclamizzare adozioni internazionali a distanza, richiesta fondi per opere in Italia e all’estero, informazioni per la scelta dei cittadini onde assegnare il 5 per mille). In realtà c’è in ballo la nozione di bene comune che è una cosa molto pratica, misurabile in decimali di euro, e di che cosa sia importante davvero quando manca tutto.

Noi pensiamo sia la coesione sociale (per parlare in sociologese). In termini umani ed esistenziali, si chiama fraternità e solidarietà. In termini costituzionali e di dottrina: c’è di mezzo l’uguaglianza tra tutti i cittadini, l’articolo 21 della Costituzione sulla libertà effettiva di espressione, la sussidiarietà e l’idea di che cosa sia lo Stato e a che cosa serva.

Lo sappiamo bene: ci sono spese dello Stato inutili. Esse sono cattive in tempi prosperi, diventano pessime quando si naviga nella crisi e nella disoccupazione perché tolgono risorse che sarebbe un delitto non utilizzare per chi perde il lavoro. Giusto. Ma con la scusa di prelevare risorse per il necessario si finisce per uccidere o come minimo ferire l’essenziale. Moltiplicare il costo ad esempio della spedizione di “Tracce”, o del bollettino “Buone Notizie” dell’Avsi, o del settimanale diocesano o associativo che avete avuto poco fa tra le mani: a chi giova? Ai disoccupati? Fatemi il piacere. Ripensaci Tremonti: Dio, Patria e Famiglia ti ringrazieranno.