Gheddafi in Italia è stato Gheddafi, nient’altro che Gheddafi, con le sue amazzoni e i suoi cavalli berberi. Però, com’è noto, è andato oltre il suo simpatico circo. Cioè si è fatto missionario dell’Islam, offrendo il Corano a uno stuolo di ragazze ingaggiate da un’agenzia per hostess e proponendo loro la conversione. Non si è fermato a questo appello semi-pubblico.
Da Roma, che lui sa di certo essere la sede del Papa, ha scandito: «L’Europa scelga l’Islam». Francamente a me paiono, nel breve periodo, più pericolosi i predicatori del nichilismo, per cui tutto è uguale. Ma quella frase, nella sua semplicità, appare insieme una profezia e un invito alla resa. A questo punto molte considerazioni si impongono.
Se sia giusto che a un capo di Stato si possa consentire senza risposte adeguate simili contenuti sovversivi della tradizione di un popolo, di una nazione e di un continente. Se come capo religioso (un leader politico musulmano è sempre statutariamente anche un’autorità islamica) Gheddafi non si accorga che questo modo di fare e di parlare noccia alla pace e alimenti lo scontro tra civiltà. O forse è convinto che sia così debole il cattolicesimo da noi da potersi permettere questa imposizione del suo verbo senza il minimo rispetto di un certo altro capo religioso che qui risiede da millenni… Eccetera.
La mia risposta è che no, non va bene per nulla, e non è il caso di nascondere la testa tra le gobbe del cammello. Non è folklore il modo di agire del Colonnello: la forma di una visita fa parte dell’essenza dell’incontro. Ed è davvero paradossale voler giustificare con la ragion di Stato l’offesa alla costituente morale di questo Stato, che lo si voglia o no è il riferimento giudaico-cristiano. Questo non significa rinunciare ad accordi o all’amicizia, ma l’amicizia o è franca oppure è una finzione.
Un uomo come Andreotti, che più amico del Papa non ce n’è, ha avallato le stranezze di Gheddafi durante la sua recente visita sostenendo che non si possono non avere rapporti di amicizia con un popolo vicino, secondo lo schema degasperiano “dell’inclusione”. Sono d’accordo. Ma un po’ di schiena diritta non farebbe male.
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Non è questione di rimproverare alla Libia la mancanza di rispetto dei diritti umani, come in Parlamento ha sostenuto Rocco Buttiglione, per negare la possibilità di accordi con Tripoli. Gli risposi che forse ne viola di meno Gheddafi dell’Italia: nel Paese del Colonnello l’aborto è vietato dalla legge, da noi è considerato diritto umano… Dunque non abbiamo diritto di impancarci a giudici. E fa anche un po’ pena quanti usano questi modi di fare gheddafiani per attaccare Berlusconi.
Non gli importa nulla del cristianesimo, farebbero adibire le sacrestie a moschee, e alternare il parroco con l’imam in nome del multiculturalismo, e poi fanno gli scandalizzati se il leader libico propaganda l’apostasia dalla religione dei nostri padri sulle cui tombe lascerebbero costruire minareti… E allora? Che soluzione c’è?
Una modesta proposta. Non si tratta di piombare in Libia a distribuire la Bibbia e le encicliche del Papa come sfida. Non è un gioco, questo. E i pochi cristiani presenti in Tripolitania e dintorni ne pagherebbero le conseguenze. La questione è di una sana pressione diplomatica, proprio in nome della stima e dell’amicizia reciproche. Il ministro Franco Frattini, che rincorreva l’altro giorno la scia profumata del Grande Beduino e delle sue amazzoni, potrebbe suggerire a Silvio Berlusconi un passo che renderebbe assai più digeribili queste manifestazioni di fervore islamico fuori porta, anzi tenda.
Il premier chieda al Colonnello che la Libia sottoscriva e appoggi la risoluzione che l’Italia presenterà in settembre all’Assemblea dell’Onu in tema di libertà religiosa. Finora, purtroppo, iniziative forti, come la costituzione di una commissione permanente delle Nazioni unite per vigilare su questa libertà fondamentale (che è esattamente quella che consente a Gheddafi di fare proselitismo in Italia), sono state bocciate dai Paesi islamici con in testa Iran e Libia.
Chiediamo questa mossa a Berlusconi con umiltà ma senza alcuna incertezza: Berlusconi e Frattini domandino con i dovuti modi a Gheddafi di sponsorizzare la libertà religiosa nel mondo timbrata Italia. E per il resto viva il Corano gratis, viva i cavalli berberi e soprattutto le amazzoni tripolitane.