Caro direttore,

Guai a chi spegne il lucignolo fumigante. Specie quando questa piccola luce non è affatto fatua ma esprime una posizione di coscienza civica forte e ancorata in una tradizione costitutiva della nostra Repubblica italiana. Per questo l’intervista di Luciano Violante, pubblicata ieri dal sussidiario, è un’occasione importante per spezzare il cerchio da magia nera dell’impossibilità persino di parlarsi. Il presidente emerito della Camera ed esponente importante del Partito democratico propone una agenda di lavoro perché ci si incontri tra maggioranza e opposizione onde sminare il terreno e avviarsi più serenamente e senza il ricatto latente di una guerra civile possibile verso nuove elezioni dove non ci si maledica reciprocamente.

Violante, senza entrare troppo nel merito, salvo la legge elettorale, chiede ci si accordi in un tempo di crisi antropologica, economica, morale, eccetera. Non è poco. In un tempo in cui settori apicali della magistratura e dell’editoria, con forze politiche gregarie che si accodano, è quello di ingigantire l’odio e puntare a una eliminazione del nemico per qualunque via sia percorribile, anche golpista, il compito della politica amante delle persone è consolidare alcuni luoghi dove si possa resistere alle derive impazzite e violente. Da deputato del Pdl accetto. Concordo, cum grano salis, ma dico di sì.

Dice Violante, dopo aver contestato con coraggio le anomalie italiane nel campo delle inchieste giudiziarie e della violazione del segreto: «Se vogliamo chiudere questa fase, a mio avviso c’è un solo modo: trovare un’intesa tra maggioranza e opposizione per realizzare le riforme che consentano al Paese di modernizzarsi. Dopodiché si potrà tornare a votare». Berlusconi aveva chiesto, nella lettera al Corriere della Sera del 30 gennaio scorso (quella della “frustata al cavallo”) un concorso dell’opposizione. La risposta di Bersani era stata sprezzante: troppo tardi. Ora Violante dice invece di sì. Poi aggiunge: «Naturalmente questa prospettiva esige un responsabile passo indietro dell’attuale Presidente del Consiglio». Questa frase è il prezzo che egli deve pagare all’idolo del mercato, che oggi coincide con l’antiberlusconismo, unico lasciapassare per esistere fuori dal Pdl.
 

Non è per spirito di bottega che dico il contrario, e che cioè Berlusconi non deve fare passi indietro. Mettersi da parte significherebbe accettare la logica del golpe giudiziario. Sarebbe un cedimento che indebolirebbe la politica dinanzi al soverchiante potere dei giudici e soprattutto dei pm. Semmai io credo che Berlusconi debba fare un passo, due passi avanti (e mi si scusi la citazione di Lenin). Andare incontro a chi dall’opposizione ha proposte sensate. Purché non sia la riedizione furbastra del poliziotto cattivo e del poliziotto buono, uniti in realtà per acchiappare il gonzo. Conoscendo Violante non è questo il caso…
Qualcuno che abbia grande peso sia nel Pdl sia nel Pd si dia da fare in questa emergenza democratica per mettere su un Comitato di liberazione nazionale, non certo alla maniera  dipietrista e travagliesca (e ahimé ormai anche bersaniana, ma io spero sia recuperabile al buon senso). Un CLN che restituisca alla politica il suo primato.

In questo la manifestazione di piazza del “milione di donne” non aiuta per niente. Esaspera e basta.  Ma non sarà la dialettica delle piazze contrapposte o delle opposte mutande a salvarci.  Il cuore dice e chiede da parte di tutti una mossa più forte e più bella dei teatri e delle piazze.
Esprimo il punto di vista mio, di modesto volontario del Banco farmaceutico. Il bene comune e la libertas ecclesiae, la carità e la sussidiarietà espresse proprio  dal Banco farmaceutico in questi giorni insieme con tantissima gente che ha detto di sì alla raccolta di medicinali chiedono una politica all’altezza, che non riduca questa potenza del bene a un optional di nicchia, qualcosa di secondario dinanzi alla partita in gioco…  La nostra risposta non può essere – non principalmente almeno! – la dialettica delle mutande contrapposte, ma una vita buona che costringa la politica ad essere tesa al suo sostegno. Una  politica che cerchi umilmente, con tutti i peccati del mondo, di somigliarle. Il tutto senza smettere un istante di lottare contro le ingiustizie e le imboscate delle avanguardie in toga.
Si può ragionare insieme su questo?