Il Santo Natale in Nigeria è stato ancora il tempo del martirio. É una tragedia per tutti. Una condanna per noi. Ma anche qualcosa che siccome somiglia al sacrificio di Gesù, porta benedizioni, non so come, ma è così.
I fatti. Nel Nord della Nigeria, nello Stato di Yobe, un gruppo di uomini armati ha attaccato poco dopo la mezzanotte una chiesa uccidendo, durante la Messa della Luce, sei persone tra le quali il sacerdote. Poi i carnefici hanno appiccato il fuoco al tempio. Doveva essere un’altra la Luce, nelle attese di questa povera gente, fratelli nostri. É accaduto al villaggio di Peri, nei pressi di Potiskum, capitale economica dello stato di Yobe, a maggioranza musulmana. Gli autori di questo assassinio?
In attesa di rivendicazione, c’è poco da sbagliarsi nell’indovinare che ideatori ed esecutori fanno capo alla banda di Boko Haram, affiliata di Al Qaeda.
Le notizie non erano ancora arrivate in piazza san Pietro, ma era come se il Papa lo presentisse. Durante il tradizionale messaggio natalizio ai fedeli di piazza San Pietro, Benedetto XVI ha lanciato un appello per la pace, e il pensiero è finito in Africa: “Il Natale di Cristo favorisca il ritorno della pace nel Mali e della concordia in Nigeria, dove efferati attentati terroristici continuano a mietere vittime, in particolare tra i cristiani”.
La strage alla Messa della Vigilia era fin troppo prevedibile come ho facilmente anticipato in Commissione Esteri della Camera martedì scorso. Ho proprio detto queste parole, dinanzi a un costernato e attento Staffan de Mistura, sottosegretario agli Esteri. Siamo al terzo Natale.
1) 24 dicembre 2010. Due chiese cristiane colpite nei dintorni di Maiduguri e quattro bombe esplose in due quartieri cristiani a Jos.
2) 25 dicembre 2011. Un’autobomba deflagrata davanti alla Chiesa di Santa Teresa a Madalla nella periferia di Abuja. Altri ordigni esplosi a Jos, Damaturu e Gadaka. Ed oggi a Peri. Senza dimenticare la strage del Santo Natale copto il 1° gennaio del 2011 ad Alessandia d’Egitto, nella cattedrale dei Santi, con 22 morti a causa di un’autobomba, con complicità dei servizi segreti.
Ora si va avanti e il mondo, specie quello di tradizioni cristiane, neanche se ne accorge. Sì, certo: qualche strillo. Qualche dichiarazione. Ma io vi chiedo: risulta a qualcuno di voi che nell’agenda Monti o nella contro-agenda di Bersani e Berlusconi esista qualche punto sulla persecuzione dei cristiani con il sangue fuori d’Europa e con il gas nervino delle menti e delle anime in Europa occidentale? Io non ricordo una sola parola su questo nelle grandi conferenze stampa dei leader, nessuno escluso.
Inutili sono state le richieste d’aiuto presentate da vescovi e politici nigeriani in Italia e in Europa.
Nella mia ultima interrogazione parlamentare sul tema, appunto del 18 dicembre, il governo mi ha fornito una lettura approfondita e seria delle stragi in Nigeria (il paese più popoloso dell’Africa con 170 milioni di abitanti, di cui circa 76 milioni professano fede cristiana, 1000 morti nelle stragi dal 2010, almeno venti chiese distrutte e in esse 200 fedeli cristiani martirizzati), ma ad ascoltare c’erano tre colleghi. Ho scritto agenzie, trasmesso i testi, nessuno ha ripreso la faccenda, nemmeno un rigo. Ora lacrime, e dichiarazioni. Ovvio, ma anche un po’ triste e tardivo.



Urge una mobilitazione nazionale e internazionale degli uomini amanti della libertà religiosa, madre di tutte le libertà. Durante la visita realizzata alla Camera nello scorso luglio, su invito del vicepresidente Maurizio Lupi, il presidente dei vescovi nigeriani non aveva chiesto difesa armata, ma attenzione, e possibilmente – questo lo aveva domandato un politico – la collaborazione dell’intelligence italiana sui confini e sul trasferimento di risorse finanziarie. I risultati li vediamo, anche se il ministro Terzi, sulla scia del predecessore Frattini, è attivissimo in sede internazionale sul tema. Ma non spostiamo neanche un sassolino, in pratica.
Eppure i cristiani, gente normalissima, senza nessuna attitudine all’eroismo, ma amorosi del loro Cristo e dell’Eucarestia, paurosi e audaci vanno alla messa. Quando si rompe il microfono con il rumore aspro dell’elettronica, il popolo orante e tremante si alza e fugge o si mette sotto le panche.
Ma in chiesa ci vanno comunque.
Il sottosegretario Staffan de Mistura ha detto cose interessanti, elencando le molteplici ragioni delle stragi, la più importante delle quali è “l’infiltrazione della rete del terrorismo integralista islamico internazionale di marca salafita, ormai evidente in tutto il Sahel”. Si tratta di Boko Haram “La setta include tra le sue rivendicazioni l’estensione di una rigida interpretazione della «sharia» a tutto il nord della Nigeria, imponendola a cittadini di diversa confessione religiosa. I più diffusi atti di intolleranza e discriminazione religiosa sono quelli lamentati dalle varie comunità cristiane presenti negli stati più islamizzati della Nigeria; a volte le violenze innescano vendette e rappresaglie da parte dei cristiani”.
Verissimo. I vescovi chiedono di avere pazienza, di non lasciarsi trascinare nel turbine della violenza. Ma l’ira, dopo oltre 400 azioni contro i cristiani dentro e fuori le chiese, con lo sgozzamento di padri di famiglia nelle loro case, e il rogo di ragazze, talvolta è più forte della ragione e della misericordia. Ma dinanzi a questi numeri indiavolati e rituali occorre un’allerta internazionale e pensare a qualcosa di più efficace delle dichiarazioni postume. Ma che si dicesse la verità, che cioè esiste uno specifico odio anticristiano, sarebbe già un primo passo per avvicinarsi alle vittime e non occultare sotto analisi sociologiche il loro sangue benedetto.

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