Insieme con la sintesi e l’antologia dell’omelia del cardinal Bagnasco sul martirio di San Lorenzo, sono arrivate le interpretazioni. Ovvio, la politica è l’arte anche della strumentalizzazione, purtroppo. E così ecco il presidente della Cei eletto cardinal protettore della nuova “Cosa Bianca”, una sorta di nuova compagine cattolica che già fu preconizzata l’anno scorso con il convegno di Todi e subito dopo. Oggi le voci di un appoggio neppure troppo riservato della Conferenza episcopale a questo progetto si fanno più forti, essendo i vescovi delusi da tutti quanti i soggetti in campo.
E si narra (verbo ormai sommamente politico) di vertici di associazioni laicali tradizionalmente di base cristiana, invitati caldamente a mettersi a disposizione per l’avventura politica. Con chi, alleati a quali forze? Dovrebbero essere il collante di un futuro governo di unità nazionale. Colpisce in questa fase l’attivismo anche dottrinale del ministro Riccardi, ottimo ministro per la verità, il quale non ha bisogno di etichette partitiche: è Sant’Egidio, e perciò visto come qualificata presenza della Chiesa in quanto tale nel governo.
Mi rendo conto: non ho detto nulla del discorso del presidente cardinal Bagnasco. Non ho detto nulla perché – confesso – è più facile e in fondo divertente lavorare con gli scenari che con la propria coscienza. Rileggo allora il testo. Anzitutto per me. Ecco, mi colpisce l’insistenza quasi dolorosa con cui Bagnasco sembra afferrare per la collottola i cattolici già impegnati in politica e quelli incerti, per costringerli a paragonare il dramma della situazione contemporanea con il “giacimento inesauribile”, usa proprio questa espressione, della appartenenza alla tradizione cattolica. Essa, dice, ha dato “grandi statisti” capaci di guardare al bene comune nazionale e internazionale, avendo attinto a quel giacimento di valori ed esperienze.
Coraggio, uscite dal chiuso di una fede privatizzata. Coraggio, smettetela di accettare “compromessi” sui principi essenziali pur di mantenere un posticino caldo al desco della politica. Non si “mercanteggia sui principi essenziali”. Questo mi dice Bagnasco. Mi giudica. Ma credo giudichi tutti, anche chi crede di essere “fuori” dalla politica. Dice anche che non serve parlare astrattamente di valori. Esiste un primato, una “gerarchia” di cose importanti. Egli mette risolutamente davanti famiglia, vita, e poi lavoro. I giovani. Non sono deduzioni da una dottrina, ma esperienza viva. Bagnasco sostiene che l’impegno dei cattolici non obbedisce a “formule”. Come dire: non c’è nulla di scontato, né il progetto di unità politica, né la frammentazione per poi ritrovarsi su alcune scelte.
C’è un abisso tale davanti a noi che discussioni teoriche non servono. Bagnasco propone una prospettiva nuova, rispetto al tradizionale riferimento ai principi non negoziabili. Egli parla di “giacimento di visione”. Visione, cioè capacità di sguardo complessivo. La fede aiuta la creatività, ha sostenuto il Papa a Milano. Un’altra espressione mi è parsa nuova. L’arcivescovo di Genova ha sostenuto che “la testimonianza da sola non basta”. Il martirio di Lorenzo sarebbe passato alla storia come qualcosa di “strano”, forse “il gesto di un folle”, se il diacono non avesse proclamato con la sua voce la ragione del suo sacrificio. Occorre rendere ragione, manifestare pubblicamente la sorgente della propria speranza.
Dirò a questo punto un’eresia – non sarebbe la prima volta – ma io colgo una parentela stretta, fatta salva la differenza ovvia di cattedra e di linguaggio, tra l’appello di Bagnasco e la formula “Il coraggio di ricominciare” proposta da Vittadini su IlSussidiario.net. Non è piu’ il tempo delle mezze porzioni, dei calcoletti per sopravvivere. Con questo animo io credo che chi fa politica e chi no debba coinvolgersi nella proposta del Meeting.