Il politicamente corretto è esploso nella pancia del Partito democratico per lo scontrarsi di due pulsioni opposte. Il riferimento è a “Porta a Porta” di martedì sera, dove sono stati invitati in studio e hanno esposto le loro ragioni due persone che di cognome fanno Casamonica, Vera e Vittorino.

Il nome evoca in sequenza queste immagini: funerale con cavalli neri, banda che suona la musica di Rota per Il Padrino, elicottero e petali di rosa, manifesto del defunto Vittorio dove appariva come il Papa benedicente, ma in realtà ritenuto il capo di un clan di zingari delinquenti che a migliaia in corteo hanno pianto il caro boss estinto bloccando una vasta zona di Roma.

E qui si scopre l’ossimoro indigeribile per chi si nutre di politicamente corretto. Secondo questo sistema di pensiero e filosofia della vita, se uno è parente di un mafioso, o anche solo in odore di esserlo, e intende difenderlo, non ha alcun diritto di dire la sua in trasmissioni televisive. Ma, sempre nel manuale politically correct, se uno è zingaro — e i Casanova sono zingari italici di etnia Sinti — è doveroso dargli la parola e parlarne tendenzialmente bene, difendendone la cultura tribale e la cultura, pena essere tacciati di razzismo. Come la mettiamo? Quale dei due dogmi far prevalere?

Il Pd ieri ha deciso di rubare la ruspa a Salvini e di spazzare via dalla Rai qualunque voce che sia in rapporto di parentela con il capo degli zingari Casamonica. Il presidente del partito di Renzi, Orfini, ha detto: “Grave errore invitarli in tv”. il sindaco Marino: “Fatto gravissimo”. Dal Campidoglio si è levato l’anatema: “La Rai e Bruno Vespa chiedano scusa”.

Io mi domando: se chi ha parlato in Rai è davvero un fuorilegge, sbaglia Vespa a dargli voce, o è incompetente la magistratura a non saperlo incastrare e sbattere in cella? Lo sappiamo bene che esistono delitti senza colpevoli anche se si sa benissimo chi sia il colpevole, e delinquenti che non si lasciano mettere nel sacco. Ma il nostro sospetto non sempre è anticamera della verità, e non si ha il diritto di togliere il diritto (gioco di parole molto serio) di parola a nessuno.

Si è rimproverato Vespa di non aver contornato la trasmissione di vittime dei Casamonica. “I” Casamonica? Questo sì è razzismo. Esistono le persone, la responsabilità penale è personale, non è mai di una tribù.

Chi scrive ha un ricordo da ragazzo: l’intervista in carcere di Enzo Biagi a Luciano Liggio, il primo capo pluriassassino dei corleonesi. Secondo il mio modesto avviso (ma non solo mio) ne ha ammazzati di più Fidel Castro, ma nessuno ha protestato con Gianni Minà per le sue interviste. Io non mi arrabbio per avergli dato voce, ma per non avergli contestato le morti in carcere e le fucilazioni di dissidenti.

Il fatto è che in certi partiti e in certe culture vige l’ossessione pedagogica di Stato. Secondo costoro, la televisione di Stato, la Rai, che è servizio pubblico, dovrebbe essere l’altoparlante della cultura e dei valori decisi dal partito al governo. Come in Romania, quando c’era Ceausescu. Non gli ha portato bene.