Il voto importantissimo del Parlamento tedesco che riconosce il genocidio armeno ha avuto il voto pressoché unanime (un contrario, un astenuto). E’ stato sostenuto senza incertezze dai due partiti, Cdu-Csu e socialdemocratici, che sostengono Angela Merkel. Diciamolo però: se fosse stato per loro non l’avrebbero votato. Avrebbero fatto volentieri a meno di approvare proprio adesso questa mozione, perché ha messo la Germania nei guai con la Turchia. Erdogan e i suoi ministri sono stati durissimi. Hanno ritirato l’ambasciatore. Dicono che ci saranno conseguenze.



La Merkel ora è in difficoltà gravissima. Ha ottenuto tre miliardi dall’Europa (anche da noi) per convincere i turchi ad ospitare i rifugiati che Berlino aveva promesso di accogliere. La Turchia vuole in più il libero accesso in Ue per i suoi cittadini, e la trattativa è in corso. Ora questo importante e formale atto istituzionale svela il ricatto: la Turchia darà una mano all’Europa se essa dimentica o almeno finge di dimenticare una delle sue radici, di certo la più importante, quella cristiana.



Dal punto di vista storico, non ci sono ragionevoli dubbi, qualunque cosa sostenga il governo turco. Non è opinabile che un milione e mezzo di cristiani, in grandissima parte armeni, ma anche caldei, greco-ortodossi, cattolici di rito orientale e latino, furono deliberatamente annientati con un privilegio particolare di atrocità inflitta ai vescovi e alle donne incinte. Il Papa in occasione del centenario della strage lo ha definito “il primo genocidio del XX secolo” e ha riconosciuto che esso perdura anche adesso. Sia con gli sgozzamenti, i roghi e le crocifissioni da parte dell’Isis sia con il violento sradicamento e la fuga forzata delle comunità cristiane da luoghi dove convivevano da millenni con i musulmani.



Il riconoscimento delle istituzioni tedesche non è stato uno scherzo del destino o una provocazione. E’ stato proposto in occasione del centenario ed è approdato all’esito del voto ieri. La ragione non è quella di ferire i turchi per nascondere i propri orrori contro gli ebrei, ma nasce da una consapevolezza delle colpe tedesche in relazione proprio al genocidio armeno. Non può esserci un’identità di nazione senza questa accettazione delle proprie colpe, per purificare se stessi. L’identità — lo insegna questo Giubileo della Misericordia — nasce dalla domanda di perdono.

Infatti, si noti questo: l’autore della mozione, il più saldo promotore di questa iniziativa non è stato un membro del governo, ma è leader dei Verdi. E si chiama Cem Özdemir. Un nome turco? Esatto. E’ un turco di seconda generazione. Non è un traditore del suo popolo. Ma accetta e promuove l’unica logica da cui può venire la pace. Si badi: egli accusa il governo islamico ottomano (di allora!) ma non assolve la Germania. Tutt’altro. A quel tempo gli Imperi centrali e quello ottomano erano alleati. E i tedeschi sapevano dell’orrore in corso e tacquero.  

Così come sigillarono la loro bocca le potenze nominalmente cristiane e occidentali, in primis la Gran Bretagna (non così, bisogna riconoscerlo, l’Italia, che ebbe pagine grandiose di denuncia con Filippo Meda e Antonio Gramsci, l’uno fondatore della Dc l’altro del Pci). Hitler progettò la Shoah e convinse i gerarchi riottosi a perpetrarla garantendo la dimenticanza di questa strage, ricordando il fatto che nessuno più citava neppure due decenni dopo quella armena.

Il Papa ora, 22-24 giugno, va in Armenia, il motto del viaggio è: “Il primo paese cristiano”. Infatti il re e il popolo si convertirono e si fecero battezzare da San Gregorio l’Illuminatore nel 301 dopo Cristo. E’ bellissima la Croce armena. E’ una Croce fiorita, è già pegno di resurrezione, perché ha conosciuto la morte e soprattutto la misericordia.