Sospiro di sollievo? Certo, ma anche no. La cattedrale di Parigi non è saltata per aria, ed è un pericolo scampato, ma il rischio è ancora imminente. Infatti quanto accaduto è un pessimo segnale, è come il ticchettio di una bomba a orologeria. Stavolta è andata bene, fino a quando? Il fatto è che in giro non c’è Unabomber, arrestato il quale la vita continua come nulla fosse, ma tanti, troppi Bomber, che nascono come funghi in questa nostra Europa dove la semenza dell’islam wahabita di stampo jihadista trova terreno fertile nel nichilismo ludico o cinico oggi proposta dominante alle giovani generazioni. Se non si attende più una risposta buona e positiva, infatti, e la mentalità prevalente esclude che un Dio possa farsi incontro e risposta alla domanda di felicità, tutto è possibile.



La Peugeot carica di bombole di gas presso Notre Dame a Parigi non ha fatto in realtà gran che effetto. Ci siamo abituati alle minacce. Pare siano anche stati individuati, con ragionevole margine di certezza, i parcheggiatori della potenziale autobomba: sono giovani che hanno simpatie per l’Isis ed erano stati individuati già dai servizi segreti come possibili aspiranti all’espatrio per arruolarsi nel califfato.



Interessante, purtroppo. Significa questo: che i seguaci del jihadismo terroristico si stanno preparando in Occidente a passare dalle pallottole e dai coltelli alle autobomba, oggi prerogativa del loro infame lavoro in Iraq, Turchia e Pakistan. Significa anche che esiste tranquillamente il margine, anche per i sospetti combattenti dell’Isis, e come tali schedati e controllati dall’intelligence, di trovare tempo, spazio e nascondimento per piazzare i loro ordigni. 

Non c’era il detonatore. Probabilmente si trattava di un esperimento, di una prova generale per vedere se l’attacco fosse fattibile, prima di passare alla strage. Risposta: è fattibile. Si farà. Non a Notre Dame, ma per analogia presso qualche altra cattedrale. Con l’Isis non si sbaglia: mantengono le loro promesse atroci.



Un lavoro a breve da fare è quello di vigilare. Di rafforzare intelligence e accettare con pazienza i controlli di polizia. Un lavoro decisivo è quello di seminare testimonianze diverse. Qualcosa che sia incontrabile subito e dia speranza. Qualcosa com’è stata Madre Teresa di Calcutta in India e dovunque sia stata. Ha disinnescato sia la violenza criminale contro i poveri con l’amore; sia la loro ribellione. Non la rassegnazione al male ma l’amore quotidiano, vicino, lucente.

Il bersaglio, come comunicato nei siti internet prossimi ad al-Baghdadi, si sta spostando sempre di più verso i simboli del cristianesimo e chi li frequenta. Un messaggio diretto e fin troppo chiaro. Di recente sono giunti inviti espliciti a considerare Papa Francesco come nemico giurato.

A proposito. Si ricorderà la polemica suscitata dalla visita al Pontefice del Grande Imam di al Azhar, al-Tayeb. Considerato negativamente dal Giornalista Collettivo perché troppo amico di al Sisi, in realtà sta operando qualcosa di eccezionale. A Grozny c’è stato un “concilio” (per così dire) delle massime autorità dell’islam sunnita. Al Azhar è il punto di massimo peso dottrinale e morale. E vicino ad al-Tayeb c’erano il Gran Muftì dell’Egitto, della Siria, alte personalità yemenite. Per la prima volta non si sono limitati a condannare il terrorismo, ma la sua radice dottrinale, il wahabismo, che è la base religiosa e ideologica del fondamentalismo. Alimenta con la sua interpretazione del Corano al Qaeda e Isis, ha influssi pesanti sui Fratelli musulmani che a loro volta colonizzano le più importanti moschee italiane. Viene dall’Arabia Saudita, dal Qatar e dallo Yemen. Alimenta anche finanziariamente il terrorismo.

Questa condanna è un atto di coraggio, e finalmente segna un confine netto tra ciò che per un sunnita è degno e ciò che è bacato, infetto. Una buona notizia.