Nel duecentesimo anniversario della composizione de L’infinito di Giacomo Leopardi, il cardinale di Firenze, Giuseppe Betori, ha citato la poesia nella omelia pasquale. Spiegando di non voler entrare nella spiegazione dettagliata del poema, il cardinale ha citato “quella siepe misura”, cioè il limite dell’uomo misurato da una siepe davanti all’infinito, per dire che i giorni dell’uomo sono fatti di “cose, di persone, di relazioni, esperienze che, se vissute a prescindere dall’altro polo, quello dell’infinito, si finisce per considerarle solo in termini di possibilità, di efficienza, di utilità, di profitto”. Ha inoltre detto come di questi tempo ci sia “poca considerazione per la vita nella sua fragilità, in specie al suo inizio e al suo termine naturale”. La dignità di ogni persona umana, ha detto ancora, è sottomessa alla preoccupazione della salvaguardia di sé, del proprio gruppo di interesse, dell’etnia e della nazionalità: “quasi che la dignità che è di ogni persona umana non basti a giustificare il prendersene cura, in ogni caso, senza distinzioni”.
IL POETA DAVIDE RONDONI
Proseguendo la sua riflessione pasquale, il cardinale ha parlato del poco riguardo nei confronti dell’ambiente senza avere responsabilità del futuro e dell’egoismo “che ci domina quando mettiamo a tacere le voci dei tanti che soffrono per le guerre, per condizioni di vita inumane, per privazione di diritti e di libertà”. Betori ha infine citato il poeta contemporaneo Davide Rondoni, che ha dedicato la sua ultima fatica letteraria proprio alla poesia L’Infinito, di cui evidentemente ha letto il libro: “la sempre più netta linea di demarcazione che poniamo tra i nostri interessi e quelli della comunità, il venir meno dell’impegno per il bene comune perché abbiamo bisogno di «un cuore colmo d’amore» per ascoltare «l’esile silenzio con cui Dio su manifesta e ci rivela come l’infinito che finora ci ha interrogato: `La risurrezione come un movimento già iniziato nelle cose´».