Un interessante studio dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC), si è concentrato sull’influenza aviaria H5N1, sottolineando come la stessa stia continuando a diffondersi fra gli animali, ma fortunatamente non nell’uomo. Quest’anno, come si legge su LiveScience, sono state 46 le persone affette da aviaria negli Stati Uniti, e tutte hanno manifestato solo dei lievi sintomi e nessun caso grave.



Si tratta quindi di un rischio minimo per l’uomo, ma per i mammiferi la storia è ben differente. In totale l’H5N1 è stato individuato in ben 50 diverse specie, di conseguenza i ricercatori hanno cercato di comprendere quanto fosse abile il virus a diffondersi, e nel contempo quanto lo stesso riesca a saltare la specie, infettando ad esempio gli esseri umani. Al momento non sono stati individuati dei segnali che facciano pensare ad un passaggio da uomo a uomo, ma si sta cercando comunque di comprendere se sia possibile, e saperlo in anticipo è ovviamente basilare.



STUDIO INFLUENZA AVIARIA, L’ESPERIMENTO SUI FURETTI

Nello studio dei CDC, pubblicato a fine ottobre su Nature, gli scienziati hanno utilizzato i furetti, considerati sensibili all’influenza umana, così come fatto sapere da Seema Lakdawala, virologo presso l’Emory University. Di fatto i polmoni dell’uomo e quelli dei furetti hanno dei ricettori che si comportano in maniera del tutto simile con il virus, ed è per questo che si è deciso di utilizzare questi animali per il test.

E’ emerso che in taluni circostanze l’aviaria riesce a trasmettersi facilmente fra furetti, e ciò suggerisce che lo stesso potrebbe accadere anche fra altri mammiferi. “Non significa che poiché il virus si trasmette nei furetti, si trasmetterà anche negli esseri umani”, ha comunque precisato Troy Sutton, ricercatore veterinario della Penn State, ma tale risultato dimostra che il virus potrebbe aumentare la sua capacità di diffondersi fra gli animali, divenendo quindi più virulento ed infettivo.



STUDIO INFLUENZA AVIARIA, COME SI CONTAGIANO GLI UOMINI?

Nell’esperimento è stato utilizzato un virus H5N1 individuato in un lavoratore di una fattoria del Texas, che presentava la mutazione E627K. E’ emerso che in questa variante vi fosse una modifica ad una proteina che consente al virus di replicarsi più facilmente, e anche a temperature più fredde. Ecco perchè il virus dell’aviaria potrebbe essere un pericolo per l’uomo, tenendo conto che solitamente gli esseri umani hanno temperature corporee inferiori a quelle degli animali.

In ogni caso non sono stati trovati altri casi simili con questa mutazione nell’uomo, ma i CDC vogliono capire se ciò potrebbe riaccadere. Non è infatti certo come gli uomini entrino in contatto con il virus, magari toccando direttamente gli animali infetti, ma non è da escludere una trasmissione aerea o il contatto con delle superfici contaminate, come ad esempio le attrezzature usate per la mungitura, tre situazioni confermate dallo studio dei CDC. Per i ricercatori si tratta di risultati importanti che però dovranno essere ulteriormente approfonditi con ulteriori studi.