La guerra in Ucraina, le sfide del Mediterraneo per stabilizzare Libia e Tunisia, i Balcani, ma anche i rapporti con l’India e la presenza in tutta l’area dell’Indo-Pacifico. E poi ancora: le relazioni con il Giappone, la Corea del Sud, i Paesi del Golfo Persico. La politica estera italiana sta conoscendo una nuovo rilancio che vede il Governo Meloni impegnato su più fronti. Una strategia che cerca di dare all’Italia una rinnovata proiezione politica, forte della sua alleanza con gli Usa e della presenza nella Nato, che proprio nel vertice tenuto a Vilnius a luglio ha indicato nell’area che va dal Nord Africa al Sahel fino al Medio Oriente una zona strategica per il governo di Roma.



Di questi temi, ma anche delle prospettive politiche dell’Unione Europea, parla Antonio Tajani, ministro degli Affari esteri del Governo Meloni, che partecipa oggi al Meeting all’incontro “Le nostre comuni sfide con l’Africa”, cui parteciperà anche Cindy Hensley McCain, Executive director of the World Food Programme.



La guerra in Ucraina rimane il tema centrale della politica estera in Europa: come potranno intrecciarsi in maniera virtuosa i negoziati per la crisi del grano e le missioni del cardinale Zuppi per giungere a una possibile svolta di pace?

L’Italia è in prima linea nella ricerca di una pace “giusta” in Ucraina. Sosteniamo Kiev con aiuti umanitari, economici e militari, con l’obiettivo di creare le condizioni per cui l’Ucraina possa sedersi al tavolo negoziale senza dover accettare imposizioni. Avviare un percorso negoziale che sia accettabile per Kiev è di fondamentale importanza e, in questo senso, guardiamo con grande interesse e attenzione alle varie iniziative che sono in campo, in particolare a quella voluta dal Santo Padre. Apprezziamo e accompagniamo da vicino il lavoro che sta facendo il cardinale Zuppi, soprattutto per l’apertura di canali umanitari per favorire il rientro di bambini ucraini trasferiti in Russia e lo scambio di prigionieri. Allo stesso tempo la pace sembra ancora lontana.



Infatti le possibilità di dialogo tra russi e ucraini sembrano molto ridotte in questo momento.

Per questo è importante cercare di allargare quanto più possibile gli spazi della diplomazia, favorendo il dialogo su questioni di grande importanza come, ad esempio, quella del ripristino dell’operatività dei corridoi verdi per il grano. L’Italia sostiene con convinzione gli sforzi delle Nazioni Unite e della Turchia su questo tema. E di sicuro sosteniamo un ruolo sempre più attivo e incisivo dell’Unione Europea nella ricerca di canali di dialogo che portino al riconoscimento dei diritti dell’Ucraina.

Negli ultimi mesi l’azione di politica estera del Governo Meloni è stata molto intensa. La presidente del Consiglio è rientrata di recente da una visita alla Casa Bianca che è stata giudicata di notevole successo. L’Italia può giocare davvero un ruolo di player globale?

Questo Governo non ha mai avuto dubbi sul fatto che l’Italia può e deve giocare come un importante attore globale. È un ruolo che ci viene riconosciuto dagli Stati Uniti e dagli altri partner, che vedono in noi un alleato solido e credibile e riconoscono il nostro impegno ad accrescere il ruolo dell’Italia anche in regioni e in aree in cui, per motivi storici o geografici, la nostra influenza è stata finora limitata. La visita del presidente del Consiglio negli Stati Uniti si è svolta in una fase di straordinaria convergenza fra Italia e Usa sui principali dossier internazionali e, più in generale, su tutti i temi che definiscono l’identità stessa del rapporto transatlantico, dalle sfide globali alle crisi regionali. I nostri amici e alleati americani guardano con interesse e apprezzamento all’operato del nostro Governo. Oltre a tutelare i propri interessi nazionali, l’Italia sta dando il proprio contributo a 360 gradi, in tutti i settori rilevanti e a tutti i livelli, per la difesa e la promozione dei valori condivisi quali la democrazia, la libertà e i diritti dell’uomo.

L’Italia sta affrontando una fase di maggiore presenza in settori chiave come il Mediterraneo. Il Governo ha sostenuto con forza l’accordo della Ue con la Tunisia. Quali sono le caratteristiche di questa intesa?

Il Memorandum Ue-Tunisia costituisce una risposta collettiva dell’Europa, e non solo dell’Italia, alla crisi tunisina. Questo è Il vero valore aggiunto di quel modello. Grazie al Governo italiano, le istituzioni europee hanno compreso che agire in Tunisia era nell’interesse di tutti e 27 i Paesi membri, perché si trattava di una situazione estremamente delicata, d’interesse comune. L’intesa ha il grande vantaggio di mettere in campo una risposta molto più articolata di quanto da sola avrebbe potuto fare l’Italia. Il MoU ha un approccio onnicomprensivo basato su cinque pilastri: stabilità macroeconomica; economia e commercio; transizione energetica verde; contatti tra persone e migrazione.

Esiste un filo ideale che unisce Vilnius al Fronte Sud del Mediterraneo e si estende fino al Sudan dove giungerà il peso specifico del Piano Mattei. Come si distenderà la strategia italiana in Africa e in particolare in Libia?

Il comunicato finale del Vertice di Vilnius riconosce che le sfide alla sicurezza che provengono dal vicinato sud della Nato (dal Medio Oriente, dal Nord Africa e dal Sahel) sono strettamente interconnesse. Intendiamo mantenere alta l’attenzione internazionale sul Mediterraneo allargato e sull’Africa e proprio l’Africa sarà uno dei temi che metteremo al centro della presidenza italiana del G7 nel 2024. La stabilizzazione della Libia è una priorità per la politica estera italiana. La frammentazione del Paese ci preoccupa perché mette a rischio la sicurezza del nostro confine sud. L’accordo politico per arrivare alle elezioni in Libia deve essere raggiunto tramite un dialogo inclusivo, dal momento che solo in questo modo sarà possibile metterlo in pratica e assicurarsi che le istituzioni libiche abbiano la forza e la legittimità necessarie per assicurare la stabilizzazione sostenibile del Paese.

Il quadrante balcanico è una regione in cui l’Italia ha un interesse oggettivo a stabilità e progresso economico e politico. Alla luce della capacità di relazionarsi con tutti i players, l’Italia ha organizzato conferenze di vario tipo a Firenze, Ancona, Brindisi. Quale è la visione che spinge le vostre azioni?

I Balcani occidentali rappresentano una area di interesse prioritario per l’Italia. La loro stabilizzazione e integrazione nell’Unione Europea sono un obiettivo strategico per la nostra sicurezza nazionale. Ecco perché la regione è al centro della nostra azione politica, come dimostrano le nostre numerose iniziative che l’hanno vista al centro della nostra agenda di politica estera, dalla Conferenza di Trieste del 24 gennaio, dove sono state gettate le basi per questo rinnovato protagonismo italiano nella regione adriatico-balcanica, fino alla riunione ministeriale sul Corridoio VIII tenutasi a Brindisi il 27 luglio. L’azione italiana si sviluppa attraverso la stretta cooperazione con Paesi alleati e membri della Ue come Croazia e Slovenia, e l’impegno sul campo per assicurare pace e stabilità, come nel caso della missione Kfor in Kosovo e Eufor-Althea in Bosnia ed Erzegovina.

Le prossime elezioni europee: l’alleanza popolari-conservatori è messa in discussione dopo lo stallo spagnolo?

Le elezioni spagnole ci hanno dimostrato che il pendolo della politica in Europa va verso il Partito popolare puropeo. I risultati del partito di Feijóo arrivano dopo le affermazioni dei popolari che si sono avute recentemente anche in Grecia e Finlandia. Vincono le forze serie, credibili, che si riconoscono in valori certi e che offrono una prospettiva di governo responsabile e affidabile. Continuiamo a lavorare perché alle prossime elezioni europee si concretizzi la prospettiva di una maggioranza di centrodestra, con popolari, conservatori e liberali, la stessa maggioranza che peraltro che mi portò a guidare il Parlamento europeo nel 2017.

Come sta elaborando l’Italia l’impegno nell’Indo-Pacifico, anche alla luce di interlocuzioni con Paesi chiave come l’India e il Giappone?

L’Italia punta a rafforzare la propria presenza all’Indo-Pacifico, una macroregione che ha un ruolo chiave per lo sviluppo economico globale e che assume importanza cruciale anche per le tensioni geopolitiche da cui è attraversata. Con i nostri partner lavoriamo per un Indo-Pacifico libero, aperto e prospero, in cui siano garantite la sicurezza delle rotte commerciali e la libertà di navigazione. La campagna del pattugliatore Morosini della Marina militare costituisce un segnale tangibile del nostro impegno in tal senso.

Quindi quali sono gli obiettivi che state perseguendo nell’area?

Oltre a rafforzare i partenariati con le principali organizzazioni regionali, e in particolare con l’Asean, la nostra azione nella regione punta ad approfondire i rapporti con alcuni Paesi d’importanza strategica. Penso al Giappone, partner con cui abbiamo elevato le relazioni bilaterali a partenariato strategico e con cui stiamo rafforzando la cooperazione in diversi ambiti, alla Corea del Sud, con cui esistono profonde convergenze, e all’India, anch’essa diventata un nostro partner strategico dopo la visita che abbiamo effettuato col presidente del Consiglio a Nuova Delhi nel marzo scorso.

Nell’ultimo Consiglio di Difesa si è parlato espressamente di strategia italiana di sicurezza nazionale: cosa ne pensa?

L’attuale situazione internazionale pone numerose sfide, vecchie e nuove, tra loro eterogenee e in parte diverse rispetto a quelle tradizionalmente ricomprese nel perimetro convenzionale della sicurezza e difesa. Questa realtà ci impone un approccio coordinato. Ciò si deve tradurre nella messa a punto di una strategia nazionale di politica estera e di sicurezza che individui le priorità della nostra azione e offra direttrici integrate per i diversi soggetti di politica estera. Questa strategia dev’essere il frutto di una estesa consultazione tra le diverse amministrazioni dello Stato interessate, a partire dai ministeri degli Esteri e della Difesa, ma che coinvolga anche soggetti privati e della società civile a vario titolo interessati.

L’Italia e i partner del Golfo Persico: come incrementare relazioni e alleanze in un settore chiave della geopolitica mondiale?

Il nostro Paese è riconosciuto nella regione come un interlocutore credibile, senza agende nascoste, impegnato a favore della stabilità e nella lotta al terrorismo. Ci sono tutte le condizioni per soddisfare la crescente domanda di Italia e far crescere ulteriormente le già ottime relazioni che intratteniamo con tutti i Paesi del Golfo, sia dal punto di vista economico-commerciale e degli investimenti, sia dal punto di vista del dialogo politico. Il Governo si è adoperato, sin dal suo insediamento, per rilanciare i rapporti con i Paesi del Golfo. È una azione che ha già riscosso importanti successi, come testimoniato anche dalle presenze di altissimo livello dei nostri partner regionali alla Conferenza di Roma del 23 luglio su sviluppo e migrazione, a partire da quella del presidente degli Emirati Arabi Uniti. Dobbiamo proseguire sulla strada che già stiamo percorrendo: affiancare al lavoro delle nostre aziende, che vogliamo aiutare a penetrare ancor più in profondità in quei mercati, lo sforzo delle istituzioni nell’alimentare e approfondire il dialogo e i rapporti di collaborazione politica con quei Paesi.

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