In principio fu il “Comitato fermare la guerra”. Ma ora, ad Orvieto, nella due giorni programmata il 29 e 30 luglio, nascerà il Forum per l’indipendenza italiana, che raccoglie le sigle provenienti da destra che contestano le posizioni dominanti di tutta la politica italiana. Un soggetto aperto anche a chi proviene dalla sinistra e dal “mondo del dissenso”, dal quale parte un appello a Giorgia Meloni e a Fratelli d’Italia perché riconosca le istanze della destra sociale in relazione alla guerra e alle politiche economiche, ma che è pronto a un’esperienza politica autonoma se la risposta a questa richiesta dovesse essere negativa. Lo spiega Gianni Alemanno che, insieme a Massimo Arlechino, è una delle guide del Comitato da cui è partita l’iniziativa.
Qual è il senso della vostra iniziativa: sta rinascendo la destra sociale?
A Orvieto si incontreranno tutte le persone che chiedono a Giorgia Meloni di fare un cambio di linea politica, in particolare sulla politica estera. La parte prevalente di questo mondo è proprio quello della destra sociale. Nella destra ci sono sempre state due anime: una liberista e una sociale. La Meloni ha rotto questo equilibrio e ha imposto una linea liberista e conservatrice, tacitando la destra sociale, che per farsi sentire oggi si deve ritrovare all’esterno del partito.
Chi sono per il momento i protagonisti di questa esperienza?
Hanno aderito quasi 40 associazioni che sono l’espressione di tante realtà. Non ci sono parlamentari in carica, ci sono le realtà di quella che potremmo chiamare la destra diffusa, sommersa, che in questi anni si è espressa un po’ in tutto il territorio nazionale attraverso circoli culturali, associazioni e movimenti di stampo locale. Ci siamo già incontrati nel “Comitato fermare la guerra” costituito da quasi un anno e che ha fatto un po’ da collante.
Parlate di una proposta alternativa alla politica ufficiale: una proposta antisistema?
Siamo una forza di cambiamento, crediamo che ci sia una richiesta in questo senso nel Paese che non sia soddisfatta. Una richiesta di cambiamento che si è mossa su Berlusconi, poi su Renzi, quindi sul movimento 5 Stelle e sulla Lega e adesso è andata a convergere su Fratelli d’Italia. Però FdI, che ha vinto le elezioni dopo dieci anni di opposizione, si sta ritrovando quasi a fare la stessa politica di Mario Draghi: se non ci sarà un cambiamento di linea politica, cosa che noi auspichiamo perché non ci fa piacere essere su posizioni così diverse rispetto a persone che sono cresciute insieme a noi, si andrà anche oltre Fratelli d’Italia.
Chiedete a FdI di cambiare e se non succederà avvierete un’esperienza politica autonoma?
Sì, certo. Questa è l’intenzione se ci saranno le condizioni. Non avverrà a Orvieto. Lì lanceremo un appello, rivolto anche a Giorgia Meloni, su una serie di temi. Se non verrà ascoltato vedremo se ci saranno le condizioni per creare un movimento politico che sia in grado di rappresentare quest’altra visione, che è di destra, ma non solo di destra.
Aprite le porte anche ai cittadini di sinistra e al “mondo del dissenso”: chi potrebbero essere i vostri interlocutori?
Ci riferiamo a tutto il mondo che ha criticato la gestione della pandemia.
Intendete i no vax?
Non ci interessa il no vax, ci interessa il no green pass, chi ritiene che questa pandemia sia stata gestita con misure troppo rigide e con una campagna vaccinale che non ha dato gli effetti voluti. E parliamo di questo vaccino, non di tutti i vaccini in generale. Abbiamo utilizzato una tecnologia nuova che non è stata adeguatamente testata. E il numero degli effetti avversi obiettivamente sta crescendo tanto. Su questo ci auguriamo che faccia luce la Commissione parlamentare d’inchiesta che sta per essere istituita.
Gli altri mondi che volete incontrare quali sono?
Quello che è contro la guerra, che è trasversale. Ci siamo trovati insieme a molte parti del mondo cattolico, abbiamo raccolto le firme insieme a comitati di sinistra. E abbiamo raccolto le critiche al modello della gestione economica dell’Unione europea, legata all’austerità e al liberismo. Siamo fieri delle nostre radici di destra sociale ma siamo convinti che questo messaggio possa essere compreso anche da chi è al di fuori dello steccato della destra.
Il vostro dissenso è partito dalla posizione sulla guerra: qual è la vostra proposta per cercare di risolvere il conflitto tra Russia e Ucraina? Cosa vuol dire per voi fermare la guerra?
Innanzitutto l’Europa e l’Italia dovrebbero avere una propria posizione che possa aiutare il negoziato. Lo ha detto persino Romano Prodi. Questa guerra fa un danno all’Europa molto superiore a quello fatto agli Stati Uniti. Anzi, si può dire che gli Usa ci guadagnano. Parlo dell’amministrazione Biden, perché se ci fosse stato Trump il conflitto non sarebbe mai esploso. Noi pensiamo che si possa mettere in campo una proposta che finora non è mai stata fatta: uno scambio tra la sospensione dell’invio di armi in Ucraina e un cessate il fuoco immediato, con il congelamento del fronte. Dopo di che potrà partire un tavolo di trattative, le cosiddette procedure di raffreddamento. Poi la chiave, non immediata ma a lungo termine, è la richiesta di un referendum vero, non inventato da Putin ma gestito dalle organizzazioni internazionali, che in base al principio dell’autodeterminazione dei popoli stabilisca se quei territori di confine vogliono stare in Ucraina o in Russia.
Che cosa, invece, rifiutate del liberismo e come pensate si debba sviluppare l’economia?
Da un lato c’è un’impostazione neoliberista che a livello planetario genera un dominio delle grandi concentrazioni economiche e finanziarie anche contro il lavoro e la piccola e media impresa. Una tendenza che porta le multinazionali a produrre dove il costo del lavoro è più basso e le regole ambientali sono più deboli. In questo contesto c’è il ruolo non positivo dell’Unione europea, che cerca di gestire con una politica di austerità delle asimmetrie economiche che sono evidenti. Invece di giocare sullo sviluppo e creare un debito pubblico europeo, abbiamo una banca centrale che pensa solamente a frenare l’inflazione (senza riuscirci) aumentando i tassi che fanno aumentare mutui e affitti per le classi più deboli e che rendono più costoso il finanziamento dei piccoli soggetti economici.
Sull’immigrazione qual è la vostra posizione?
Non abbiamo nulla contro l’immigrazione regolare, ma dobbiamo bloccare quella clandestina, che è una tratta di schiavi. E dobbiamo fare in modo che l’immigrazione regolare segua dei meccanismi di sostenibilità sociale, legata ai tempi e ai numeri. Se questi parametri vengono alterati rischiamo l’esplosione dei conflitti sociali e del razzismo: lo dimostra l’esempio recente della Francia. Su questo condividiamo la posizione della Meloni quando parla di un “Piano Mattei”. Il problema va risolto alla radice: l’Occidente, in particolare i grandi gruppi multinazionali , in qualche modo deve restituire quello che ha levato all’Africa realizzando vere politiche di sviluppo locale.
Se questa esperienza dovesse sfociare in un movimento politico vi presenterete alle prossime elezioni europee?
Abbiamo stabilito dei passaggi realistici. Prima bisogna enucleare le idee: l’incontro di Orvieto, infatti, è ricco di dibattiti e di confronti a 360 gradi anche con persone di orientamento diverso dal nostro. Poi organizzeremo il movimento. Quindi, se ci saranno le condizioni, ci saranno anche delle prove elettorali. Non lo escludiamo. Le elezioni europee sono molto vicine, però vedremo. La cosa fondamentale è creare una realtà che abbia le spalle solide e che sia in grado di ritagliarsi uno spazio politico anche come pungolo della politica ufficiale. Il nostro sogno principale è che Giorgia Meloni possa modificare la sua politica di Governo e rientrare in quel solco di destra sociale che in qualche modo potrebbe appartenere anche a lei.
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