Sulla riva più ad ovest del Corno d’oro, il Fanar, sfida forte di secoli di storia, la vorticosa crescita di Istanbul, con le sue case in legno, l’atmosfera bizantina, le chiese e le sinagoghe nascoste. Addentrandosi in quello che una volta era riconosciuto come il quartiere del fa’nari, la lanterna che sormontava un’alta colonna, si entra in un mondo a parte, dove l’autorevolezza morale è determinata non dai numeri ma dal passato che grava con splendori e fallimenti, errori di valutazione ed epiche resistenze.



La sede del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli è la scheggia splendente di una Chiesa residuale quanto a fedeli, ma straordinaria nella sua resistenza. È qui che incontriamo in un clima informale Bartolomeo I, reduce dall’incontro in Bahrein per il Forum con i leader delle grandi religioni mondiali sul dialogo e la coesistenza tra Occidente ed Oriente. Ad Awali ha incontrato anche il “fratello” Francesco ed è proprio dall’ultimo abbraccio tra Andrea e Pietro che partiamo per capire cosa c’è in gioco sul piano ecumenico, in vista del grande appuntamento del 2025, quando le chiese cristiane faranno memoria dei 1700 anni dal Concilio di Nicea.



“Ci prepariamo – spiga ad una manciata di inviati italiani –, il 30 novembre noi celebriamo la festa di sant’Andrea, la festa patronale della nostra Chiesa e da molti anni, quasi quaranta, abbiamo una delegazione ufficiale della Chiesa di Roma. Subito dopo, il 1 e il 2 dicembre, è in programma un convegno in città con a tema proprio l’anniversario del primo Concilio ecumenico, importante perché ha fissato il contenuto della nostra fede cristiana”.

Un convegno che potrebbe essere determinante per un passo verso l’unità che tutti attendono, la celebrazione comune della Pasqua. “Purtroppo non la celebriamo più insieme da molti secoli – spiega Bartolomeo –. I nostri sforzi nel quadro dell’anniversario sono indirizzati a trovare una soluzione. Sua Santità il Papa ha le migliori intenzioni, forse non devo dire di più in questo momento, ma voglio sottolineare che sia da parte ortodossa che da parte cattolica c’è questa buona intenzione di fissare, finalmente, una data comune per celebrare la Resurrezione di Cristo. Speriamo di avere un buon risultato questa volta”.



Con Papa Francesco avete affrontato anche la questione della guerra in Ucraina, avete pensato ad una strategia comune per fermare questo conflitto fratricida in Europa?

Il Papa non è solo un capo religioso ma anche il capo di uno Stato. Deve essere più attento quando parla della guerra, come nel caso della guerra in Ucraina. Deve fare attenzione a non offendere altri capi di Stato. Lui è molto coraggioso nel dire la verità come verità. Il patriarcato ecumenico, non solo io personalmente, ha condannato questa guerra fin dall’inizio. Chiaramente. Non si può giustificare questo conflitto in nessun modo. Mi sono espresso contro la guerra. Contro il presidente della Federazione Russa Putin, contro mio fratello il Patriarca Kirill, che purtroppo ha benedetto l’aggressione sin dall’inizio. Anche ultimamente, in Inghilterra, ho parlato duramente. Ma dovevo farlo. A nome della nostra fede cristiana e non solo. Mi pare che tutti gli uomini che pensano giustamente non possano non condannare questa guerra. Il Papa continua i suoi sforzi per la pace, domanda anche ad altri capi di governo e di Stati di fare da mediatori, basti pensare all’azione di Macron, Francesco si rivolge a capi di Stato cattolici e non cattolici che vogliono lavorare per la pace, vuole sensibilizzare tutto il mondo al problema. In un suo messaggio del primo gennaio (giornata mondiale per la pace, ndr) alcuni anni fa, ha detto che non si può avere la pace senza giustizia. Un’affermazione sempre valida. Non possiamo avere la pace senza giustizia, lo ripeto spesso nelle mie omelie”.

Quali sono i suoi prossimi impegni?

Andrò a Cipro per partecipare ai funerali dell’arcivescovo ortodosso, Chrysostomos II, scomparso il 7 novembre, il cardinale Kock rappresenterà il Papa. Poi sarò a Malta invitato dall’arcivescovo cattolico che ha dato la chiesa di san Nicola alla piccola Chiesa ortodossa.

Una delegazione dell’Opera romana pellegrinaggi è nel paese per valutare nuovi itinerari di pellegrinaggi…

Poche settimane fa ad Efeso, il nunzio apostolico di Ankara, con i vescovi cattolici, hanno concelebrato nella cattedrale del terzo Concilio ecumenico e io ho fatto l’omelia. Mi hanno chiesto di fare la predica. Questa è la terra di Calcedonia, di Costantinopoli… ma non solo luoghi dei concili ecumenici. Abbiamo il monachesimo, l’arte sacra, la teologia, i Padri della Cappadocia… Abbiamo tanto da offrire e bisogna ritornare a venerare questi luoghi sacri, a prendere ispirazione. Ritornare alle sorgenti, a secoli indietro. E pregare. Poi vorrei approfittare della vostra presenza per rivolgere un caloroso saluto al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che abbiamo avuto modo di incontrare diverse volte. Gli siamo riconoscenti del grande onore che ci ha fatto nel conferirci l’onorificenza del Cavaliere di Grand’Ordine al merito della Repubblica Italiana. Il 12 settembre 2016 e con la sua persona abbracciamo tutto il popolo italiano augurando il progresso materiale e spirituale. Rivolgiamo un saluto di incoraggiamento anche al nuovo governo da poco insediatosi formulando gli auguri di buon successo in tutte le iniziative atte al miglioramento della situazione economica e sociale del Paese. Siamo certi che ogni azione sarà anche indirizzata allo sviluppo della persona nella sua integrità umana e spirituale e nel superamento delle varie povertà e delle differenze. Un saluto anche alle forze di opposizione invitandole a svolgere una opposizione responsabile per la crescita sociale dei cittadini e del Paese. E pur nelle legittime differenze di pensiero di trovare punti di contatto evitando contrapposizioni ideologiche fini a stesse.

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