Tra gli ospiti della seconda giornata del Meeting di Rimini ci sarà anche Marina Elvira Calderone, che parteciperà all’incontro dal titolo “Politiche e strategie per un lavoro che cambia”. Al ministro del Lavoro e delle Politiche sociali abbiamo rivolto alcune domande.
A proposito del tema del dibattito cui presenzierà al Meeting, oggi in Italia il mercato del lavoro sta vedendo un costante aumento dell’occupazione degli over 50, mentre quella giovanile migliora, ma sembra ancora non decollare come potrebbe. Cosa fare di fronte a questa situazione?
Analizzare, progettare, agire sapendo che gli investimenti in orientamento, formazione e sostegno all’occupazione daranno i risultati migliori sul medio periodo. La crescita record degli occupati a cui abbiamo assistito ci ha portato a sfiorare la soglia simbolica di 24 milioni di lavoratori attivi, secondo l’Istat. Tra gli altri indicatori positivi, il bollettino Excelsior che in agosto prevedeva 315mila assunzioni, il 34% per chi ha meno di 29 anni. La nostra attenzione ai giovani è multidimensionale, perché guarda ben oltre il rapporto di lavoro di oggi e considera il mutato approccio dei ragazzi verso l’attività lavorativa. Per questo la previsione di incentivi specifici per contratti a tempo indeterminato per gli under 35, inseriti nel decreto Coesione, sono stati accompagnati da bonus per l’autoimpiego, anche sotto forma di tutoraggio per l’avvio delle idee imprenditoriali. Così come è per noi essenziale agire sulle competenze, vero nodo per ridurre la distanza tra domanda e offerta di lavoro, velocizzare i tempi di ingresso in azienda e puntare a migliori retribuzioni. Su questi aspetti abbiamo appena rivisto il sistema nazionale per la certificazione delle competenze e per inizio autunno prevediamo di poter avviare la terza edizione del Fondo Nuove Competenze.
Le competenze saranno al centro anche della prossima riunione dei ministri del Lavoro e dell’Occupazione di Cagliari: la loro mancanza è un problema comune tra i Paesi del G7?
Assolutamente sì. La capacità di competere delle economie avanzate in un mondo del lavoro che cambia velocemente sotto la spinta delle transizioni digitale, ecologica e demografica ruota attorno alla forza di attrazione delle migliori competenze. Alla luce della curva demografica, risulterà fondamentale l’investimento sulla formazione agganciata alla domanda che viene dal mondo del lavoro lungo tutto l’arco della vita lavorativa delle persone. Con i ministri di Lavoro e Occupazione dei Paesi del G7 ne parleremo dall’11 al 13 settembre a Cagliari, così come ci confronteremo sullo sviluppo umano-centrico dell’uso dell’intelligenza artificiale, sul suo impatto sul lavoro e sullo sviluppo di mercati del lavoro resilienti in società che invecchiano.
La scorsa settimana l’Ocse ha comunicato i dati sul reddito medio pro capite e l’Italia è cresciuta più degli altri Paesi del G7. Resta un problema di potere d’acquisto. Come intervenire se la strada non è quella del salario minimo legale?
La crescita del reddito medio pro-capite dell’Italia del 3,4% nel primo trimestre 2024, rispetto allo 0,9% della media dei Paesi G7, è trainato da due fattori: l’aumento delle retribuzioni dei dipendenti e i trasferimenti sociali. In altre parole, da quanto arriva dall’attività economica, aumentato grazie alla chiusura di alcuni rinnovi contrattuali, e dal fatto che si è intervenuti sulle imposte oltre che su beni e servizi forniti. L’aumento non ha certo superato le conseguenze della corsa inflazionistica dei prezzi, tanto che l’Employment outlook 2024 dell’Ocse ha evidenziato che i salari reali, al netto dell’inflazione, in Italia sono più bassi rispetto alla fine del 2019, prima dello shock pandemico. Le criticità restano e la previsione dell’Ocse di un aumento del potere d’acquisto è accompagnata da una serie di condizionalità. Perciò anche quest’anno guardiamo alla manovra di bilancio sapendo che il lavoro, nel suo complesso, dovrà mantenere centralità nella spesa. La strategia sta funzionando, adesso si tratta di agganciare il trend positivo e stabilizzarlo, con investimenti per la produttività e l’occupazione, sostegno al welfare aziendale e, soprattutto, promozione della contrattazione collettiva con cui valorizzare tutte le leve retributive disponibili. Non parliamo quindi solo di salario orario, cioè di quanto viene pagata un’ora di lavoro, ma di come viene retribuito nel suo complesso il lavoratore.
Eppure certa parte sindacale parla di tavoli e confronti finti o mancanti. I toni della dialettica negli ultimi mesi sono stati talvolta piuttosto alti. C’è spazio per un dialogo concreto?
Sono una ferma sostenitrice del dialogo e del rispetto nel confronto. In questi mesi non mi sono mai sottratta, anche quando sono stata chiamata in causa per responsabilità difficilmente attribuibili al solo ministro del Lavoro. Lo spazio per giungere a obiettivi comuni può essere trovato. Ne sono prova tangibile il percorso che ci ha portati a definire il decreto attuativo per la patente a crediti che entrerà in vigore il prossimo 1° ottobre, come anche gli accordi per i lavoratori Blutec e Ilva, sottoscritto da tutti i sindacati, solo per citare alcune delle ultime attività congiunte con le parti sociali su differenti fronti.
Assegno di inclusione e Supporto formazione lavoro: ci può fornire qualche dato su quanto stanno aiutando il contrasto alla povertà e il ricollocamento degli ex beneficiari del Reddito di cittadinanza?
Esiste un elemento sostanziale da tenere sempre presente: assegno di inclusione e supporto per la formazione e il lavoro sono strumenti diversi, complementari, che insieme sono subentrati al reddito di cittadinanza partendo da un approccio nuovo e differente al sostegno per le persone in condizione di fragilità sociale e/o lavorativa. Non a caso vanno entrambi sotto il comune denominatore di “misure di inclusione”, e mettono insieme l’azione proattiva del richiedente e il sostegno dello Stato verso un obiettivo. Benché sia necessario monitorare la messa a terra degli strumenti, la valutazione della loro efficacia reale nel contrasto alla povertà, e nel ricollocamento, ha necessità di tempo. La stessa Commissione europea, lo scorso maggio, ha affermato di aspettarsi che le misure intraprese aiutino l’Italia a muoversi nella giusta direzione, e lo stesso ragionamento vale per le riforme e gli investimenti per le politiche attive del lavoro, le politiche sulla famiglia e sulla tassazione del lavoro, e le azioni che riguardano il sistema della formazione continua.
A quante persone sono andati i due benefici?
Tra gennaio e giugno 2024, sono oltre 693mila i nuclei familiari che hanno ricevuto l’assegno di inclusione. Per come è stato strutturato, rispetto al reddito di cittadinanza, l’Adi aiuta di più chi può difendersi meno dalla povertà: nuclei con disabili, minori, ultrasessantenni e persone in condizione di svantaggio. Con un importo medio dell’assegno di 618 euro, che in presenza di disabili sale a 656 e 696 euro. Il supporto formazione e lavoro, invece, è una misura di accompagnamento al lavoro che si collega alla complessa struttura di formazione e aggiornamento delle competenze, su cui continuiamo a lavorare, e all’andamento dell’occupazione, che abbiamo visto essere in espansione. Ha quindi l’ambizione di creare un ponte verso il lavoro che è stato attivato, tra settembre 2023 e giugno 2024, per 101.478 persone, soprattutto over 50.
L’Assegno unico universale è un sostegno concreto per le famiglie ed è stato anche riconosciuto come strumento di contrasto alla loro povertà. State facendo delle valutazioni sullo strumento dopo il deferimento dell’Italia alla Corte di giustizia Ue?
L’assegno unico universale nei soli primi sei mesi del 2024 è andato a 6,2 milioni di nuclei familiari. Sono arrivati 9,9 miliardi di euro a favore di 9,8 milioni di figli con un importo medio per figlio che a giugno è stato di 170 euro. Una spesa in crescita rispetto ai 18,2 miliardi del 2023 e ai 13,2 miliardi del 2022 che ha portato alle famiglie 41,3 miliardi di euro da quando è stato istituito. Sono cifre da tenere presenti per valutare complessità e impatto dello strumento sulla società e sui conti pubblici. L’azione della Corte di giustizia Ue ha i suoi tempi e procedure. Nel mentre faremo opportune verifiche, così come è accaduto quando abbiamo dimezzato i termini di residenza da 10 a 5 anni per la richiesta di assegno di inclusione, rispetto a quanto previsto per il reddito di cittadinanza su cui era stata avviata la procedura di infrazione Ue.
Contrasto al caporalato e sicurezza sul lavoro. Quali passi avanti sono stati fatti?
Il passo più importante credo che sia stato proprio l’avere messo al centro delle nostre attenzioni e del dibattito nazionale questi due temi, che sono collegati, e che riguardano la sicurezza e la legalità. Perché la singola azione può anche essere efficace, ma credo che sia l’assunzione di responsabilità collettiva a poter segnare un cambio di passo che si traduce poi in azioni concrete. Quella è la direzione. Dall’avvio dei concorsi per l’assunzione di nuovo personale ispettivo (il 28 agosto scadono i termini per partecipare alla selezione Inl per 750 ispettori tecnici, ndr) fino alle attività che abbiamo in corso per l’entrata in vigore della patente a crediti nel settore edilizio, il fine che perseguiamo è quello di prevenire i fenomeni illeciti. Che hanno tra le conseguenze sfruttamento, infortuni, una generale diminuzione delle tutele previste nel nostro Paese…
Intanto è un’estate di controlli intensivi…
È un’estate di controlli utili al cambio di passo che stiamo perseguendo. Pochi giorni fa sono stati comunicati i dati di alcune delle ultime operazioni: in dieci giorni di ispezioni in quasi mille aziende agricole, selezionate in base a analisi mirate degli indicatori di rischio, il Comando Carabinieri Tutela del Lavoro insieme ai colleghi delle stazioni territoriali ha rilevato il 53% di irregolarità; in parallelo, la campagna di vigilanza straordinaria condotta dall’Ispettorato nazionale del lavoro in tutta Italia da fine luglio ad agosto in 736 aziende ha fatto emergere il non rispetto delle norme per la tutela dal rischio “calore” in due casi su cinque. Sono attività che hanno come fine anche il sostegno alle molte aziende che sono in regola e investono, non semplicemente “spendono”, nella salute e nella sicurezza dei propri lavoratori.
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