Dante nella Commedia ci ha tramandato che Francesco, “per la sete del martirio,/ ne la presenza del Soldan superba/ predicò Cristo e li altri che ‘l seguiro”. Francesco Patton ieri è stato al Meeting di Rimini dove ha parlato dello storico evento in una conferenza dal titolo “l’eredità di un incontro che dura da 800 anni”. “Le aperture dell’islam – dice il Custode al Sussidiario – potranno portare frutto tra qualche anno, se verranno divulgate nel mondo islamico e non resteranno appannaggio di pochi intellettuali”. E da parte cristiana? “Le aperture del cristianesimo hanno bisogno di essere sempre supportate dalla testimonianza della vita”.
Padre Patton, siamo proprio sicuri che quell’incontro di 800 anni fa abbia cambiato la storia? Sono successe così tante cose in mezzo che viene da dubitarne.
L’obiezione che lei pone è la stessa che viene posta al cristianesimo: siamo sicuri che la passione morte e risurrezione di Gesù abbia cambiato la storia, visto quel che continua a succedere?
Lei cosa risponde?
In realtà molto dipende dallo sguardo che noi abbiamo sulla storia e sui fatti della storia. Io non so se l’incontro tra san Francesco e il Sultano abbia cambiato la storia, certamente ha cambiato la nostra storia di francescani.
In che modo?
Ha contribuito a elaborare una metodologia missionaria fatta di testimonianza e di annuncio pacifico e ci ha permesso di radicarci in Terra Santa e di rimanervi con continuità fino ai nostri giorni, per custodire i luoghi santi della cristianità, prenderci cura della comunità cristiana locale e accogliere i pellegrini. E tutto questo nonostante i tanti cambiamenti di potere avvenuti lungo questi otto secoli, e sempre in un contesto nel quale noi eravamo una piccola minoranza.
Quell’incontro, nel 1209, è realmente avvenuto?
Sul fatto che quell’incontro sia avvenuto non possiamo dubitare. Lo raccontano le fonti interne all’Ordine, lo raccontano le cronache crociate e lo racconta Giacomo da Vitry in una delle sue lettere e nella Historia Occidentalis.
Perché Francesco volle andare dal sultano Malek al Kamel?
L’unico che parla dei contenuti è proprio Giacomo da Vitry, che ha visto Francesco al campo crociato di Damietta, e dice che Francesco è andato dal Sultano Al Malek al Kamel per parlargli di Gesù Cristo e del Vangelo. Francesco non aveva altro interesse che Gesù Cristo e il suo Vangelo, è ciò di cui parlava normalmente ed è ciò che chiederà anche a noi di annunciare.
Secondo lei cosa disse Francesco al Sultano? Gli fece un discorso improntato al dialogo e alla tolleranza?
Se noi stiamo agli Scritti di san Francesco, come ho già detto, quello che interessa al Santo di Assisi è annunciare il Vangelo, annunciare Gesù Cristo. Nella Regola non bollata, che è del 1221, dice ai frati di annunziare “i vizi e le virtù, le pene e la gloria”, e di invitare a fare penitenza, cioè a convertirsi e vivere secondo i dettami del Vangelo e nella comunione ecclesiale, ciò significa che a Francesco sta a cuore la salvezza integrale delle persone. Il tema della pace è sicuramente centrale in lui, al punto che ogni suo discorso o omelia lo inizia con il saluto: “Il Signore vi dia pace!” e nel Testamento dice che questo saluto gli è stato rivelato. Uno studio sul lessico di Francesco compiuto da Carlo Paolazzi, l’autore dell’ultima edizione critica degli Scritti di Francesco nel 2009, nota come la parola “nemico” venga eliminata dal linguaggio di Francesco, che la utilizza unicamente per descrivere il nostro concreto io egoista. Francesco non fa discorsi teorici sul dialogo o sulla pace o sulla tolleranza: Francesco dialoga, annuncia la pace, insegna ad essere benevolmente accoglienti verso chiunque (anche verso “ladri e briganti”, dice nella Regola).
Cosa può dirci del Sultano?
Il Sultano era un uomo di grande apertura: aveva offerto la restituzione dei luoghi santi (in pratica di tutta la Terra Santa) in cambio del ritiro dell’esercito crociato da Damietta, cosa che era valutata positivamente dai principi crociati ma purtroppo non dal legato pontificio Pelagio e dai comandanti italiani. Al Malek al Kamel secondo le fonti si dimostra accogliente verso frate Francesco e frate Illuminato, va contro il parere dei suoi consiglieri che gli suggeriscono di non ascoltarlo e di tagliargli la testa, manifesta un grande senso dell’ospitalità e, secondo una tradizione, rilascia pure a Francesco un salvacondotto perché possa visitare i Luoghi Santi senza essere sottoposto a vessazioni o tributo.
E dopo l’incontro?
Pochi anni dopo, nel 1228, anno della canonizzazione di san Francesco, al Malek firmerà la tregua con Federico II restituendo per 10 anni i santuari di Terra Santa e rendendoli nuovamente accessibili al pellegrinaggio.
Sotto quale profilo ritiene che la curiosità e l’apertura dimostrata dal Sultano siano smentite almeno da una parte preponderante dell’islam odierno?
L’islam odierno non è un blocco monolitico. L’islam non è in pratica mai stato un blocco monolitico. Oltre alle due grandi correnti che son l’islam sunnita e l’islam sciita, nelle varie società in cui si è inculturato ha prodotto risultati molto diversi. L’incontro tra san Francesco e il Sultano poi non è noto all’islam, che lo sta scoprendo solo di recente, dato che nella storiografia islamica non è rimasta traccia di questo incontro. E anche oggi le differenze da luogo a luogo sono notevoli. Basti pensare che il più grande paese islamico è l’Indonesia, dove è molto frequente perfino il passaggio dall’islam al cristianesimo. Tra gli stessi frati in servizio alla Custodia e provenienti da Paesi islamici ce ne sono alcuni i cui genitori o nonni erano musulmani. Le aperture dell’islam potranno portare frutto tra qualche anno, se verranno divulgate nel mondo islamico e non resteranno appannaggio di pochi intellettuali. Ma è già significativo che ci sia un numero crescente di intellettuali musulmani che cominciano a fare una diversa interpretazione del proprio testo sacro, nel rifiuto di ogni strumentalizzazione a carattere violenta, all’insegna di un principio di moderazione che viene chiamato “wasatia”.
Che cosa manca invece al cristianesimo per essere credibile nelle sue aperture?
Le aperture del cristianesimo hanno bisogno di essere sempre supportate dalla testimonianza della vita, soprattutto da un amore disinteressato, che in termini teologici si chiama “agape-carità”, ed è l’amore col quale Gesù Cristo ci ha amati e ha dato la sua vita per noi, non perché ne fossimo meritevoli, ci ricordano nelle loro lettere san Paolo e san Giovanni, ma perché Lui è amore! E vuole usare a tutti misericordia perché tutti possano giungere alla salvezza.
Che prospettive ha aperto l’incontro tra papa Francesco e il grande imam di al-Azhar ad Abu Dhabi, concretamente? Può documentarle?
Il documento è stato sottoscritto e pubblicato lo scorsa 4 febbraio, bisogna dare tempo alla sua divulgazione e al suo studio, perché possa incidere entrando nella cultura. Io sono figlio di contadini e non ho mai visto un albero da frutto produrre prima di qualche anno! Comunque lo scorso mese di marzo un piccolo frutto è stato proprio quello di poter vivere ad Al Ahzar, la più grande e autorevole università sunnita, una giornata di incontro tra circa 300 docenti e studenti e studentesse musulmani e 300 tra frati, suore e giovani cristiani dell’Egitto.
E in Terra Santa in particolare?
I laboratori di dialogo che stiamo cercando di portare avanti nelle nostre scuole, dove fa bene sia agli studenti cristiani sia a quelli musulmani confrontarsi coi contenuti di quel documento in vista di una convivenza fraterna. I frutti li vedremo tra qualche anno, ben sapendo che – come ricorda il Vangelo – non esiste solo chi di giorno semina grano buono in termini di contenuti e di valori, ma anche il Nemico, che di notte semina la zizzania dell’inimicizia e dell’odio a piene mani, sia tra i cristiani, sia tra i musulmani, sia tra quelli di altra religione, sia infine tra quelli che non credono in niente.