La Procura di Genova lo ha fatto dimettere, lui ha patteggiato, mettendo la parola fine “a un castello enorme di accuse con un dispiego di mezzi che non ha quasi precedenti nella storia repubblicana”. Sono parole di Giovanni Toti, governatore della Regione Liguria fino al 26 luglio scorso. Ora Toti è in libreria con il volume autobiografico Confesso: ho governato (Piemme) nel quale racconta la sua esperienza di governo.



Centrodestra, leader deludenti, prossime regionali in Liguria, magistrati, finanziamento dei partiti: Toti ne ha per tutti. E invita il governo a darsi una mossa sulla giustizia.

Giovanni Toti, il patteggiamento ha spiazzato tutti. Perché, secondo lei?

Il patteggiamento non era nel novero delle cose fino a quando la Procura non ha offerto di patteggiare. E lo ha fatto dopo un’estate di accuse pesantissime, con la Liguria dipinta come la sentina di tutti i mali. In realtà, tutti i reati davvero gravi sono stati stralciati. La Procura ha ammesso che nessuno ha commesso atti illegittimi, che nessuno si è arricchito, che i finanziamenti erano tutti tracciati e regolari.



Insomma, vi siete “ritrovati a metà strada”, lei ha detto al Corriere, ribadendo di essere innocente. Ma restano i reati di corruzione impropria e finanziamento illecito. 

L’ho spiegato: all’interno del patteggiamento resta ovviamente l’ipotesi su cui noi e la Procura non ci accorderemo mai. Perché ritengo sia difficile discuterne in un’aula giudiziaria.

Lei è accusato di avere svenduto la funzione. “Corruzione nell’esercizio della funzione” per atti non contrari ai doveri di ufficio. Non contrari, dunque legittimi. È così?

Un imprenditore finanzia un politico per creare un clima anche solo potenzialmente a lui favorevole, non avendo ottenuto atti che non aveva diritto ad ottenere; un politico ha un atteggiamento di attenzione nei confronti del mondo dell’impresa, e un imprenditore decide di finanziarlo perché quel politico continui a vincere e rimanga attento al mondo economico. Se questo è l’asservimento della funzione, sono tranquillo.



In modo ancor più semplice?

Se un imprenditore finanzia un politico e non ottiene nulla di illegittimo, e quei finanziamenti sono tracciati, quella situazione per me è perfettamente legale. Non ci può essere una legge dello Stato che la trasforma in una situazione illegale per un dato di contesto.

Sciascia ci scrisse un romanzo, sul “contesto”.

Spinelli ha avuto un permesso che doveva avere, Esselunga anche, ma siccome dopo quattro anni di intercettazioni risulta un clima amichevole di attenzione da parte dell’amministrazione per quelle aziende, allora questo potenzialmente è corruzione? Francamente mi sembra assurdo.

Però ha patteggiato.

A seconda di come lo si interpreta, in un caso è reato e nell’altro non lo è. Io credo che la legge sia sbagliata e vada riscritta. Ma questa discussione non va fatta in un’aula di tribunale, andrebbe fatta nel parlamento della Repubblica.

Sicuro?

A mio avviso sì, perché il controllo di legalità non può andare oltre la legittimità degli atti e la trasparenza dei finanziamenti. I rapporti personali e l’attenzione della politica per il mondo delle imprese fanno parte dell’indirizzo politico.

Un indirizzo politico che la magistratura non dovrebbe aver titolo di indagare?

Lo fa perché questo titolo glielo ha dato una legge dello Stato. Io ritengo che il mio comportamento non si inquadrasse in quella fattispecie, la magistratura ha ritenuto diversamente.

Dica la verità, anche il patteggiamento è politico.

Ho voluto mettere in sicurezza dieci anni di buona amministrazione, e dire alla Liguria e all’Italia che i soldi raccolti dai comitati Giovanni Toti sono serviti a fare campagne elettorali politiche, nessuno si è arricchito. Alcuni alleati, partiti e dirigenti lo hanno colto, altri hanno fatto finta di non capire.

Intanto pare che Bucci sia tre punti percentuali davanti a Orlando.

Gli elettori hanno capito tutto e stimano ciò che abbiamo fatto. La gente per strada mi ferma, mi dice che è stata una cosa che non doveva accadere. Vedo tanta solidarietà. E anche un filo di indignazione…

La sua previsione per le prossime regionali?

È quella che mi riporta lei. La mia sensazione è netta.

Torniamo alla politica. È deluso?

La sinistra non mi sorprende: il Pd ha ormai rinunciato a rivendicare l’indipendenza della politica dalla magistratura, se mai lo ha fatto. M5s sappiamo come la pensa. Il centrodestra sì, mi ha deluso.

Perché?

Come si poteva non capire la posta in gioco? La magistratura ha detto che se un governatore è indagato non può continuare a fare il governatore, e il suo mandato non dipende più dalla volontà popolare. Questo è successo in Liguria. Tutti d’accordo?

Si è avuta la percezione che i leader del centrodestra l’abbiano isolata se non scaricata, è così?

Matteo Salvini no, è una persona umanamente di grande coraggio e politicamente ha dimostrato di essere molto più lungimirante degli altri.

Qualcuno si è affrettato a dire “chiusa l’era Toti”.

Si chiuderà anche l’era Tajani, si chiuderà l’era di tutti. Se uno non capisce che Toti e solo il bersaglio del momento e ad essere sotto attacco è la politica, rida pure, ma sarà una gioia breve. Io credo che Forza Italia con le dichiarazioni di Tajani abbia completamente abdicato alla storia politica di Silvio Berlusconi e alla sua battaglia per ridare alla politica il primato sulle toghe. Il quadro è molto preoccupante.

A che cosa allude?

All’idea di riaprire il Ruby ter, e peggio ancor mi sento con la riapertura di quello per le stragi del 1993. Il processo a Berlusconi sarebbe postumo, ma quello a Salvini è adesso, ad un ministro ben vivo a cui tocca andare in tribunale a difendersi. Che le politiche migratorie di un Paese siano processate in un’aula di tribunale rende benissimo l’idea di dove siamo arrivati.

Il titolo del suo libro è Confesso: ho governato. Dove sta la colpa? 

Che le scelte del primo mandato fossero state un successo si è visto nel 2020, con il 22,5% dei consensi andato alla mia lista civica, moderata, di candidato presidente. Sono stati anni di un governo che decideva, che guardava il merito e cercava di togliere quella patina di ipocrisia che troppo spesso circonda l’amministrazione. Le nostre campagne di marketing territoriale, l’idea di crescere puntando sulle imprese, sulla sussidiarietà, erano e sono ancora per l’opposizione qualcosa di deleterio, da attaccare culturalmente e moralmente prima ancora che politicamente.

Ora lasciamo stare la riscossa del Ponte Morandi, che tutti conoscono. Cosa vuol dire puntare sulla sussidiarietà, in concreto?

Siamo stati i primi a coinvolgere le farmacie nel sistema sanitario regionale facendovi fare i vaccini, abbiamo aperto la Regione ad una sanità privata che prima non arrivava neppure al 2%, avviato sportelli di ascolto dei bisogni delle imprese.

Non crede che l’operazione sui porti sia stata mal digerita o abbia dato fastidio a qualcuno? Insomma, qualcosa che non si doveva fare?

No, secondo me è stata mal digerita da un fil rouge culturale che attraversa la vita politica italiana sotto due aspetti. Uno è quello di un’amministrazione che si appoggia sui bizantinismi del sistema normativo. Ma se uno ha il coraggio di metterci la faccia e di rischiare, le cose si possono fare, come è stato in Liguria.

E l’altro?

L’altro è l’intolleranza per un esperimento di politiche liberali in un paese che una rivoluzione liberale vera non l’ha mai conosciuta, salvo una breve parentesi sotto Berlusconi.

Restiamo in Liguria. “Liberale” è un termine sì berlusconiano ma molto vago; lei, voltandosi indietro, come qualificherebbe la sua esperienza politica?

Un esperimento a carattere regionale modello CSU bavarese, che si è reso molto indipendente dalle volontà romane. Metti insieme tutto quel che ho detto e hai una miscela esplosiva.

C’è stato un complotto?

No, macché complotto. Io non ho mai detto che i magistrati hanno tramato per togliere di mezzo il governo di centrodestra in Liguria. E nemmeno lo penso. Però c’è un pezzo importante di Italia – politica, magistratura, opinione pubblica – che non vuole cambiare. E vede ogni politica liberale come una fonte di malaffare, mentre io invece io ritengo sia fonte di ricchezza e di benessere.

Dunque non c’è la magistratura nel mirino.

Mai messa nel mirino. Nel libro non c’è una riga in questo senso. Me la prendo invece con quella politica che ha messo in mano ai pm questi strumenti.

E non fa nulla per toglierglieli? 

Mi sembra che questo centrodestra abbia impostato una riforma della giustizia, e questo è positivo, ma che poi abbia lasciato Nordio là nel mezzo, come se fosse l’unico che ci crede davvero. Come dire: sei bravo, vediamo come te la cavi. E intanto lo si guarda come uno che spera che la Cavese batta la Juventus.

Cosa manca al centrodestra oggi?

Le piazze del centrosinistra a difesa di Decaro a Bari, direi.

Prendo dal libro una citazione a proposito del Morandi: “quel ponte dimostra che anche un incubo può trasformarsi in qualcosa di diverso e positivo”.

Non ho un ruolo attivo in politica e non intendo averlo. Dico semplicemente che se forze di centro come Forza Italia dice di essere non si riapproprieranno di parole d’ordine liberali e non avranno il coraggio di fare delle riforme vere, il Paese è destinato a vivacchiare. O peggio.

Va detto che il patteggiamento le ha evitato di incorrere nell’interdizione prevista dalla legge Severino. 

Ci siamo sottratti alla trappola della Severino, questo sì. Un’altra legge che tutti i partiti all’unanimità dovrebbero abrogare. Per quale ragione un rappresentante dei cittadini  è sottoposto a regole diverse da quelle del cittadino normale, innocente fino al terzo grado di giudizio?

L’opinione pubblica su questo non ha ancora le idee chiare.

Questo è sicuro. Ma qui si torna alla pavidità della politica. Che in questi anni non ha avuto il coraggio di spiegare alle piazze una cosa molto semplice: togliere garanzie e libertà a chi è stato eletto dai cittadini non toglie potere al singolo rappresentante pro tempore, toglie potere ai cittadini stessi. Oggi i cittadini contano meno di un procuratore della Repubblica o del presidente di un Tar.

Non sarebbe ora di rimettere mano ad una legge sul finanziamento pubblico dei partiti? 

Una legge sul finanziamento ci vuole: non pubblico, ma privato! Sono contrario al finanziamento pubblico per una semplicissima ragione: sarebbe raccolto dalla fiscalità generale, quindi dalle tasse di tutti gli italiani.

E invece?

Ci vorrebbe una vera legge sul finanziamento privato della politica come avviene negli Stati Uniti. Se sono un dipendente pubblico o privato voterò per chi promette di abbassare le tasse sul lavoro, se gestisco uno stabilimento balneare voterò per chi non applica la legge sulle gare delle concessioni. Devo avere la possibilità di finanziare la parte politica che mi è più vicina per interesse o per convinzione.

Harris e Trump vanno a braccetto con finanziatori di ogni tipo.

Esatto. Invece in Italia la politica e l’economia devono stare distanti perché c’è una sorta di peccato originale anche solo nel frequentarsi. Ed è insensato.

Ci vogliono delle regole.

Certo. Bastano due limiti molto semplici e negli States ci sono. Uno è la legittimità degli atti prodotti, l’altro è la trasparenza del finanziamento. Se ho un terreno non edificabile, non posso finanziare un politico per cambiarne la destinazione d’uso. Ma se quel terreno può diventare edificabile in modo legittimo, io devo poter finanziare un partito o un politico senza essere accusato per questo di corruzione!

Questo per la legittimità degli atti. E sulla trasparenza?

Si sappia chiaramente che Bianchi è finanziato dalla grande industria del tabacco e dai gestori delle slot machines. Se sono un cittadino convinto che il fumo vada vietato perché fa male alla salute, e che il gioco d’azzardo rovina le famiglie, Bianchi non avrà mai il mio voto.

Elly Schlein ha detto “Bucci e Toti stessa consorteria”. E se avesse ragione?

Chi vuol far tornare indietro la Liguria voterà Orlando, chi invece vuole continuare nove anni di governo virtuoso voterà Bucci. Conosco Bucci, abbiamo lavorato insieme sette anni, la sua visione liberale della concorrenza, del mercato, del merito, della burocrazia, è quella che abbiamo applicato in questi anni. Ovviamente se sarà governatore lo farà con la sua testa.

E Orlando?

Orlando ha un merito: zero ipocrisia, è stato esplicito. Nel mondo di Orlando non c’è una sussidiarietà orizzontale e verticale, non ci sono i servizi sociosanitari gestiti dai privati. Noi abbiamo immaginato una Liguria dove tutto ciò che il privato può fare lo fa e lo Stato si ritira a pianificare e programmare. Orlando riporterà tutta la sanità nel pubblico, punterà su un modello di industria che vede turismo e terziario come figli di un dio minore. La nostra Liguria è la Florida d’Italia, quella del Pd vede nella tuta blu, spesso pulita e ripiegata in un cassetto, un quarto della nobiltà che manca del tutto a un barista e a un cameriere.

(Federico Ferraù)

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