Il Governo punta a rafforzare le filiere produttive e l’occupazione italiana, anche attraverso i Memorandum of understanding firmati durante la missione a Pechino del mese scorso, e a difenderle dal “fondamentalismo ecologico” visto nella scorsa legislatura Ue. Parola di Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, che oggi sarà ospite del Meeting di Rimini.
“Made in Italy e filiere produttive” è il titolo dell’incontro a cui partecipa. Non pensa che, complice anche l’appoggio che si è rivelato cruciale dei Verdi, la nuova Commissione europea, stante il discorso di Ursula von der Leyen al Parlamento europeo, porterà avanti il processo di doppia transizione (ecologica e digitale) mettendo a rischio la nostra industria come già accaduto nella scorsa legislatura?
Il vento è cambiato in Europa. Già nella scorsa legislatura europea siamo riusciti a imporre lo stop al dossier Euro 7 e a modificare il Regolamento sul Packaging. Il matrimonio di interessi tra Ppe, Sinistra e Verdi è innaturale, non reggerà alla prova perché non corrisponde al volere degli elettori che hanno penalizzato proprio i fautori del fondamentalismo ecologico mentre accresce il nostro peso nelle istituzioni europee. Siamo più forti nel Parlamento europeo e molti dei componenti della prossima Commissione saranno espressione di Governi di centrodestra. Sono fiducioso che prevarrà la ragione sull’ideologia. Occorre coniugare la sostenibilità ambientale con la sostenibilità produttiva e sociale, per salvaguardare l’impresa e il lavoro.
Dopo i ritardi nella partenza, ora le imprese per Transizione 5.0 chiedono dei ritocchi, anche sul fronte delle scadenze per il completamento degli investimenti. Sono poi soprattutto le Pmi a rischiare di non poter cogliere questa opportunità visto che non hanno grandi strutture anche per seguire tutti gli aspetti “burocratici” legati alla richieste del credito d’imposta. Pensate già a interventi su questo fronte?
Nessun ritardo. Abbiamo realizzato in appena sei mesi la misura più significativa in Europa, l’unica che coniuga insieme transizione green e digitale con la formazione. Le risorse le abbiamo ottenute nel dicembre dello scorso anno dalla rimodulazione dei fondi del Pnrr. La trattativa con la Commissione non è stata facile ed è durata diversi mesi proprio perché si tratta della misura europea più innovativa e noi volevano che fosse destinata a tutte le tipologie di imprese, anche piccole, e a tutti i settori produttivi, nel rispetto naturalmente delle norme europee che impongono limiti alle imprese energivore. Ritocchi sono sempre possibili, soprattutto in termini di agevolazioni dei processi, ma nessuna modifica che ci costringa a riaprire le trattative con la Commissione europea.
Per le imprese italiane uno dei problemi più sentiti è il costo dell’energia che resta più alto rispetto ai competitor europei e rischia di salire se ci saranno nuove tensioni sul prezzo del gas – vuoi per tensioni in Medio Oriente piuttosto che per scontri nei pressi di infrastrutture energetiche in Russia o in Ucraina -. Cosa intende fare il Governo su questo fronte?
Realizzare il nucleare di nuova generazione, pulito e sicuro, fondamentale per il sistema industriale. Ne ho già parlato a sindacati e Confindustria. Anche loro sono consapevoli che le energie rinnovabili non sono sufficienti: per questo intendiamo sviluppare la filiera italiana per produrre gli Smr (Small Modular Reactors) in Italia e installarli ovunque nel mondo già dai prossimi anni.
Restando alle materie prime, il Decreto per la riapertura di alcune miniere in Italia è diventato legge, ma già la Regione Sardegna ha deciso di impugnarla davanti alla Corte Costituzionale. Non teme altre azioni simili sul territorio visto anche l’impatto ambientale che l’attività estrattiva comporta?
La questione sollevata dalla Sardegna non riguarda il merito, ma le competenze. Ne ho parlato con il Presidente e sarà nostra cura condividere ogni mossa con le Regioni. Del resto credo che saranno proprio le associazioni ambientaliste a sostenere questo provvedimento, perché le materie prime critiche per le quali abbiamo previsto un fast track autorizzativo sono proprio quelle che servono alla transizione green e digitale e che sono in gran misura nel nostro sottosuolo. Abbiamo previsto un fondo sovrano per supportare le nuove tecnologie estrattive e una royalty per le Regioni e le comunità locali, così come accade per il petrolio con cui la Basilicata costruisce buona parte del proprio bilancio regionale. Peraltro, il nostro decreto-legge consente proprio di raggiungere gli obiettivi del nuovo Regolamento europeo, assolutamente necessario per lo sviluppo e l’indipendenza del nostro continente. Non possiamo dipendere dall’estrazione realizzata in Paesi che violano i diritti dei lavoratori e utilizzano il lavoro minorile. Basta con le ipocrisie.
Lei ha confermato l’esistenza di interlocuzioni con più di un costruttore cinese di auto per la realizzazione di nuovi impianti nel nostro Paese. Non teme che possiamo diventare il “cavallo di Troia” di Pechino in un’Europa che ha scelto la via dei dazi per affrontare la concorrenza cinese?
Assolutamente no. Anzi. Gli accordi che abbiamo sottoscritto prevedono proprio che siano utilizzate componentistiche europee e italiane, quindi rafforzeranno le nostre filiere produttive e l’occupazione. Noi siamo contro chi pensa di aggirare le barriere daziarie assemblando i prodotti nel nostro continente.
Quindi, lei è contro il progetto di Stellantis che intende assemblare in Polonia i modelli Leapmotor per poi venderli nella propria rete in Italia?
Il prossimo piano incentivi sarà espressamente limitato ad auto con componenti europee, quindi italiane. Mi auguro che Stellantis, come altre case produttrici, premi la componentistica nazionale, straordinaria forza del Made in Italy.
Al Mimit è stata anche firmata un’intesa tra MingYang e Renexia che dovrebbe portare alla produzione nel nostro Paese di turbine eoliche. Ci dobbiamo aspettare altre operazioni di questo tipo dopo la missione italiana a Pechino? Non corriamo rischi nel caso dell’acuirsi della guerra commerciale in atto tra Usa e Cina?
No, anzi. Abbiamo posto sui giusti binari la cooperazione economica e industriale, ben consapevoli del ruolo accresciuto dell’Italia in Europa e in Occidente. Il nostro Memorandum prevede espressamente partnership industriali su tecnologia green e mobilità elettrica per utilizzare la loro tecnologia. Oltre quello sull’eolico, altri sul fotovoltaico e 4 MoU con case automobilistiche.
E sull’intelligenza artificiale?
Pura invenzione. L’IA non è mai citata nei documenti intergovernativi italo-cinesi: è previsto semmai il contrario, che ogni parte “sensibile” sia realizzata nel nostro Paese, secondo le regole europee e italiane che garantiscono la massima sicurezza.
Considera cessato il pericolo per gli stabilimenti italiani di Stellantis? I rapporti tra il Governo e il Gruppo automobilistico sono ora più distesi?
Stellantis ha presentato un piano Italia che prevede di raggiungere il milione di veicoli come avevamo concordato con Tavares nel primo incontro, oltre un anno fa. Ma nel frattempo riceviamo segnali negativi sul fronte della produzione e del ricorso alla cassa integrazione e non abbiamo ancora risposte sul destino della gigafactory a Termoli per la quale sono state impegnate risorse del Pnrr. Peraltro, segnali negativi arrivano persino dagli Stati Uniti. Siamo però sempre pronti a un lavoro comune ove ci fosse l’intenzione di accrescere la produzione in Italia.
È polemica anche sulla remunerazione di Tavares e sugli alti dividendi degli azionisti…
Nel mio intervento ai 125 anni della Fiat ho ricordato che la nostra Costituzione, all’articolo 1, prevede che la Repubblica italiana è “fondata sul lavoro”. Ho aggiunto che “il profitto è legittimo, ma non ad ogni costo”. Ci aspettiamo che Stellantis si assuma la responsabilità sociale di rilanciare l’automotive in Italia.
È stato pubblicato il bando per la vendita di Acciaierie d’Italia, ma la sentenza della Corte di Giustizia Ue potrebbe portare al fermo dell’ex Ilva di Taranto. Il Governo è pronto ad affrontare questa eventualità?
Sì, perché la sentenza della Corte si basa su dati ormai superati. Sei mesi fa siamo riusciti a prendere il controllo dell’azienda, a pochi giorni dalla chiusura dell’ultimo altoforno che avrebbe compromesso tutti gli impianti. Abbiamo attivato tutte le procedure per la messa in sicurezza dello stabilimento e la ripresa produttiva e attivato già le procedure per l’assegnazione a nuovi player produttivi.
Nel frattempo la magistratura sta indagando per “associazione per delinquere” nei confronti della gestione Morselli/Mittal…
Siamo sempre stati fiduciosi nel lavoro delle autorità competenti. Non mi pronuncio quindi su questi profili. Ma spero che faccia riflettere anche chi ha scatenato una campagna per impedire che intervenissimo.
(Lorenzo Torrisi)
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